Dopo l'assoluzione parla Acerbi: "Sono triste e dispiaciuto, abbiamo perso tutti"

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Dopo l'assoluzione parla Acerbi: "Sono triste e dispiaciuto, abbiamo perso tutti"
Francesco Acerbi
Francesco AcerbiSimone Arveda / GETTY IMAGES EUROPE / Getty Images via AFP
Il difensore dell'Inter fornisce la sua versione dei fatti: "Non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco". E poi ancora: "Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno".

Dopo la mancata squalifica per la presunta frase razzista pronunciata nei confronti di Juan Jesus, Francesco Acerbi ha raccontato la sua versione dei fatti al Corriere della Sera, in un'intervista di Monica Colombo e Paolo Tomaselli.

"Sono triste e dispiaciuto - ha dichiarato il difensore dell'Inter - è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti".

Poi spiega la scelta di aspettare prima di esprimersi: "Perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto".

La partita in questione è Inter-Napoli 1-1
La partita in questione è Inter-Napoli 1-1Stats Perform

Per Acerbi la sentenza è stata una liberazione: "Lo è stata, ma nella liberazione sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno".

Il calciatore ex Lazio ribadisce l'estraneità ad ogni accusa di razzismo e rivela che il suo idolo è George Weah: "Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto".

La situazione che si è venuta a creare gli si è ritorta contro: "Per questo ritengo che se uno sbaglia è giusto che paghi, come io ho pagato la multa quando ho mostrato il dito medio ai tifosi della Roma che mi urlavano 'devi morire'. In migliaia lo gridavano a me, che sono guarito due volte da un tumore e che sono testimonial dell’Airc".

Sulla malattia avuta in passato e per la quale è balzato alle cronache: "Quella in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per togliermi l’etichetta che avevo quando ero più giovane e diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo".

E sulla Nazionale, dove è stato escluso in attesa che si accertassero le sue responsabilità: «Per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più".