Champions League, Haaland e Lukaku, due poderosi virgulti dalle storie parallele

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Champions League, Haaland e Lukaku, due poderosi virgulti dalle storie parallele
Champions League, Haaland e Lukaku, due virgulti simili dalle storie parallele
Champions League, Haaland e Lukaku, due virgulti simili dalle storie paralleleAFP
Mancini, potenti e risoluti, il norvegese del City e il belga dell'Inter sono due profili offensivi provenienti dallo stesso stampo, ma con due storie diversissime

Uno è titolare indiscutibile e precoce cacciatore di record di gol. L'altro è un panchinaro di lusso che cerca riscatto in un tempo molto più ristretto. Erling Haaland e Romelu Lukaku sono due facce della stessa medaglia che oggi scenderà lentamente sul prato dello stadiio Ataturk di Istanbul per decidere chi sarà Re d'Europa tra Manchester City e Inter.

Sono due centravanti solidissimi, pesanti e dal piede mancino. Ma hanno due storie molto diverse, conseguenze di due destini opposti. Perché se il norvegese è figlio d'arte ed è sempre apparso come un predestinato, il belga è venuto dal basso, lui che è nato figlio di migranti del Congo e ha dovuto fare subito a sportellate con la vita, sebbene con una predisposizione fisica agli scontri d'alto impatto.

Haaland è titolare assoluto nell'attacco di Guardiola, mentre Lukaku non è più quello che due anni fa faceva i fossi con le sue galoppate nell'Inter targata Antonio Conte. Ed è proprio nelle ultime due stagioni che si è creato uno scompenso gigantesco tra l'attuale capocannoniere della Champions League e una riserva di lusso che arrivato a 30 anni sembra essere tornato quello che a 20 veniva bocciato da José Mourinho al Chelsea per la sua poca concretezza sotto porta.

Vichingo conquistatore

Le statistiche di Haaland in Champions
Le statistiche di Haaland in ChampionsFlashscore

Haaland ha nel suo piede sinistro l'ascia dei Berserker, dei guerrieri vichinghi che prima della battaglia entravano in uno stato di trance limpido, strabuzzando gli occhi e puntando solo alla distruzione dell'avversario. 35 gol in sole 29 partite in Champions League sono un bottino di guerra spettacolare che il proverbiale cecchino scandinavo non solo vuole migliorare ma intende capitalizzare. E che miglior maniera che vincere il trofeo stasera?

Sia Haaland sia i suoi compagni sono certi del fatto che non importerà chi deciderà la finale contro l'Inter, ma è ovvio che in partite come queste l'apporto di una bocca da fuoco solitamente decisiva fa la differenza, specialmente contro una squadra abilissima a non far giocare gli avversari come quella interista. A secco nei due confronti in semifinale contro il Real Madrid, il vichingo già certo del titolo di capocannoniere della Champions vorrà bagnare l'eventuale vittoria con almeno un gol. Per fare quel 13 tanto desiderato e che il destino potrebbe avergli riservato.

Il bisonte belga

Romelu Lukaku
Romelu LukakuAFP

Goffo, pachidermico e poco tecnico. Ma dotato di uno strapotere fisico devastante. Il bisonte belga di origini congolesi ha dovuto lottare fin da sempre contro un dominio del pallone non eccelso, che spesso è dono di madre natura, la quale però gli aveva dato in donazione un corpo che se tirato al massimo ne avrebbe trascinati almeno due alla volta. Se non tre.

Sebbene sia lontano dalla condizione di attaccante distruttivo che due anni fa trascinò l'Inter alla vittoria in campionato, Lukaku è quell'elemento che potrebbe sparigliare le carte in tavola in un'eventuale situazione di parità. La sua stagione, finora mediocre, lo ha visto crescere e migliorare in modo netto negli ultimi periodi. E non va dimenticato che i gol contro Porto e Benfica in Champions sono stati fondamentali per portare avanti l'Inter.

Tiri mancini

In comune, oltre al ruolo, Haaland e Lukaku hanno il piede sinistro come estensione naturale delle loro intenzioni bellicose. Il primo ha sviluppato una tecnica di tiro incisiva che gli ha permesso di spiccare come grande fromboliere anche da lontano. Il secondo, invece, è diventato con gli anni un terminale offensivo più preciso e anche abile dal dischetto, puntando più sulla precisione che sulla potenza.

Scattante e verticale, il norvegese scenderà in campo dal primo minuto per portare i suoi a un trionfo che in tanti a Manchester aspettano da anni. E che sembra che il destino abbia servito su un piatto d'argento. Tozzo e roccioso, il belga aspetterà la sua occasione dalla panchina, consapevole che anche in pochi minuti uno come lui, se tirato a lucido, può definire una situazione ambigua. 

Il predestinato contro colui che si è fatto da solo. Ognuno dei due cercherà di servire il tiro mancino all'avversario. I contesti sono diversissimi, come le loro origini. Il figlio di un'Africa migrata per sfuggire agli stenti sfiderà il pallido figlio del Nord cresciuto con le migliori condizioni. Una sfida impari sulla carta. Ma il campo sa essere spesso un giudice bizzoso.