L'Italia s'è desta: Bagnaia e Sinner riportano lo sport azzurro sul tetto del mondo

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L'Italia s'è desta: Bagnaia e Sinner riportano lo sport azzurro sul tetto del mondo
Il trionfo di Malaga
Il trionfo di MalagaProfimedia
Pecco ha bissato il successo mondiale dello scorso anno in MotoGp, mentre Jannik ha letteralmente trascinato l'Italtennis al trionfo in Coppa Davis 47 anni dopo la prima e unica volta.

Domeniche così sono importanti. Necessarie. Fondamentali. Per tutto un movimento, da troppo tempo, fossilizzato soltanto sul calcio che, però, da qualche lustro a questa parte non è stato, salvo rarissime eccezioni, più in grado - né a livello di club né, tantomeno, di nazionale - di regalare emozioni e trofei internazionali agli italiani.

Ed è proprio per questa ragione che i trionfi di Pecco Bagnaia a Valencia e quello dell'Italtennis, trascinato da un sontuoso Jannik Sinner, a Malaga sono importanti per ricordare a tifosi e istituzioni - e non solo ogni quattro anni, in occasione delle Olimpiadi - che in Italia non esiste solo il pallone. Sono necessari proprio perché riportano entusiasmo tra la gente. E sono fondamentali per una questione di marca.

Pecco Bagnaia
Pecco BagnaiaProfimedia

Ebbene sì: all'interno del mondo dello sport, l'immagine della marca Italia era in crisi. E non solo per i due mondiali mancati dalle nazionali di Ventura e Mancini. Quello che, infatti, sta succedendo a Maranello da qualche anno è, per certi versi, ancora più grave perché la Scuderia Ferrari è da sempre uno dei più importanti esportatori di italianità nel mondo.

Un'azienda, quella del cavallino rampante, in grado di mantenere il proprio inconfondibile stile sia nella vittoria che nella sconfitta. E, invece, i troppi disastri combinati negli ultimi anni hanno reso ancora più amare le delusioni. Perché perdere contro colossi economici come la Red Bull e la Mercedes ci può stare, ma c'è modo e modo.

Viva l'Italia!

E così, viva i Bagnaia! Viva i Sinner, Arnaldi, Sonego e compagni! Viva l'Italvolley di Fefé De Giorgi!

Viva l'Italia polisportiva che, comprensibilmente, non può fare a meno del calcio perché la maggior parte delle risorse economiche arriva da lì, ma che non può continuare a vivere perennemente all'ombra del pallone, con la speranza di essere un caldo, ma effimero raggio di sole novembrino. E questo, però, dipende anche da tutti noi...