Mondiali, il trionfo spasmodico di un'Argentina in ginocchio ma non a terra

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Mondiali, il trionfo spasmodico di un'Argentina in ginocchio ma non a terra
Mondiali, il trionfo spasmodico di un'Argentina in ginocchio ma non a terra
Mondiali, il trionfo spasmodico di un'Argentina in ginocchio ma non a terra
AFP
Mentre l'inflazione galoppa e il governo attuale viene messo sempre più in discussione, la gioia del trionfo mondiale porta aria fresca a Buenos Aires

Alzata la coppa dopo il gol su rigore di Gonzalo Montiel, l'eroe che non ti aspetti, è esplosa la gioia degli argentini in ogni angolo del paese, base antartica compresa.

È stata la rappresentazione dell'entusiasmo di un paese unico, specialmente quando bisogna venir fuori dalle avversità. Un paese, l'Argentina, dove le librerie sono più dei supermercati. Un paese nel quale l'enfasi per le situazioni letterarie più disparate, a metà tra la tradizione europea e l'improvvisazione criolla, ne rappresenta l'ideologia nazionale. Soffrire come nessun altro. Per poi godere come nessun altro. Nonostante una situazione politica difficilissima.

Pochi giorni prima della finalissima contro la Francia, infatti, la vice presidentessa Cristina Fernandez de Kirchner era stata condannata a sei anni per frode. Solamente il presidente dell'AFA Claudio 'Chiqui' Tapia era presente come istituzione in Qatar. A riprova della tensione evidente a livello politico in un paese che dopo la crisi del 2001 non è mai riuscito a riprendersi del tutto a livello economico.

Oggi che un euro vale 183 pesos (350 al mercato parallelo), la gente cercava disperatamente una gioia. Una gioia attesa da 36 anni, e che tanti segnali avevano fatto presagire. Dal pollice sinistro di Diego Armando Maradona che nella festa dell'Azteca puntava la bandiera del Qatar fino alla data di nascita dell'arbitro Szymon Marciniak, venuto al mondo il 7 gennaio, stesso giorno dell'arbitro della finale del 1986, solo per citarne alcune.

Il paese si era bloccato dalle 11 del mattino, un'ora prima del calcio d'inizio, in preda a spasmi da ansia di prestazione e da eccessiva euforia, quella propria di una cultura nostalgica esaltata dalle note del tango. Nero e bianco in pochi minuti, anzi secondi, quelli in cui il villano Kylian Mbappé cercava di rubare il sogno a Lionel Messi.

In cuor loro, però, gli argentini sapevano che dal cielo vegliava Diego Maradona, il cui ricordo ha accompagnato le parole sussurrate da Messi al momento del tiro decisivo dal dischetto. E così il centro di Buenos Aires esplodeva, irradiando la felicità e la follia in tutta una nazione lunga oltre 5.000 km. L'eco della vittoria, o della rivincita sociale, arrivava fino alla base antartica dei militari argentini. Ma anche in Oceania, in Europa e in Nordamerica. 

Buenos Aires capitale del mondo. In barba alla precarietà economica e sociale che solamente il calcio può annullare. Anche perché, parafrasando 'Volver', celebre tango di Carlos Gardel, '36 anni non sono nulla'.