La federazione britannica d'atletica vuole impedire alle transgender di competere con le donne

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La federazione britannica d'atletica vuole impedire alle transgender di competere con le donne
La federazione britannica d'atletica vuole impedire alle transgender di competere con le donne
La federazione britannica d'atletica vuole impedire alle transgender di competere con le donneProfimedia
L'obiettivo è di riservare la categoria femminile sia riservata a coloro a coloro che sono donne dalla nascita per garantire una concorrenza leale

La federazione d'atletica britannica (UKA) sta vivendo una vicenda complicata riguardo i diritti sportivi dei transgender, i quali però in questo momento rappresentano un caso particolare da giudicare. Da un lato, infatti, lo sport ha il compito di aiutare l'inclusività dei transgender garantendo al contempo che non vi siano vantaggi ingiusti, con i gruppi di difesa LGBTQI che affermano che escludere gli atleti trans equivale a discriminazione.

"L'UKA ritiene che si debbano compiere sforzi per includere in modo equo e sicuro le donne transgender in una categoria 'aperta', che sostituirebbe l'attuale categoria maschile e sarebbe aperta agli atleti di tutti i sessi", riporta il comunicato ufficiale, che continua ribadendo la volontà di voler compiere sforzi per "riservare la categoria femminile ai concorrenti che erano donne alla nascita, in modo che possano continuare a competere in modo equo".

Tuttavia, secondo il Gender Recognition Act, la federazione ha altresì il dovere di "trattare quelle donne trans con un certificato di riconoscimento di genere come donne a tutti gli effetti". L'obiettivo dei dirigenti britannici, dunque, come sottolinea il comunicato, è quello di  "chiedere che venga apportata una modifica legislativa per estendere l'esenzione sportiva che consentirebbe all'UKA e ad altri organismi sportivi di garantire che la categoria femminile possa essere legalmente riservata alle concorrenti donne".

Il dibattito sugli atleti transgender si è intensificato lo scorso anno quando la nuotatrice dell'Università della Pennsylvania Lia Thomas è diventata la prima campionessa NCAA transgender nella storia della Divisione I dopo aver vinto le i 400 stile libero femminile. In quell'occasione la Fina, massimo organismo del nuoto mondiale, ha votato per limitare la partecipazione degli atleti transgender alle competizioni femminili d'élite, il che ha portato molti altri organismi sportivi a fare lo stesso.

"La nostra dichiarazione d'intenti dimostra la sfida che l'UKA e altri organi di governo sportivo devono affrontare in questo momento. Pertanto chiediamo un cambiamento nella legislazione che fornisca chiarezza per tutti e garantisca che la categoria femminile possa essere legalmente riservata alle concorrenti donne alla nascita", ha concluso il presidente dell'UKA Ian Beattie.

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