Gattuso parla della sua crescita come tecnico: "A Monaco ho aspettato Guardiola tre giorni"

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Gattuso parla della sua crescita come tecnico: "A Monaco ho aspettato Guardiola tre giorni"
Gennaro Gattuso
Gennaro GattusoProfimedia
L'allenatore calabrese parla della sua esperienza al Marsiglia e di come è arrivato fin lì partendo dal basso

"Ho preso il mio ego, l'ho messo da un lato e sono cambiato". Queste alcune delle parole più sentite da parte di Gennaro Gattuso, attuale allenatore del Marsiglia, in una lunghissima intervista al quotidiano francese l'Équipe, al quale ha parlato specialmente dell'esperienza attuale in Francia, dove allena da pochi mesi. "Sarebbe stato folle rinunciare a venire al Vélodrome, avevo bisogno di sentire emozioni", ha continuato il tecnico calabrese, che dopo Napoli ha cercato un'altra esperienza in una piazza calda e difficile.

Sesto in classifica e prossimo allo scontro di venerdì prossimi con lo Strasburgo, l'ex campione del mondo del 2006 con la nazionale italiana ha raccontato come ha cambiato totalmente ruolo da calciatore ad allenatore, nonostante il soprannome di 'Ringhio' sia impossibile da dimenticare: "Nel calcio è così, quando hai un'etichetta te la porti dietro per sempre". 

Aspettando Pep

Lavoratore e guerriero in campo, e non certamente dotato di grandissima tecnica, il tecnico calabrese ha cambiato totalmente registro da quando è passato a dirigere le squadre della panchina. E un incontro su tutti gli ha permesso di svoltare: quello con Pep Guardiola nel 2013. A tal proposito Gattuso racconta: "Ho aspettato Pep fuori dal centro di allenamento a Monaco per tre giorni di seguito. In piedi, senza chiedere nulla a nessuno, perché non voglio favori. Guardiola si è fermato solo dopo due giorni, e mi ha riconosciuto stupito". Oltre al tecnico catalano, l'allenatore dell'OM ammette di essersi ispirato anche ai suoi ex allenatori come Ancelotti, Lippi, Zaccheroni e anche Walter Smith ai Glasgow Rangers.

L'ispirazione, tuttavia, era arrivata già quando era ancora giocatore, come egli stesso ammette: "A 27 anni ho iniziato ad affrontare il Barcellona di Xavi, Iniesta Ronaldinho e Messi, contro i quali facevo delle maratone e non toccavo quasi mai la palla. A partire da quel momento ho capito perché la nostra mentalità di gioco non ci portava a grandi successi. Ho studiato, ho imparato".