ESCLUSIVA, Moratti: dai derby storici ai guai della Juve, passando per il "Sì" a San Siro

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ESCLUSIVA, Moratti: dai derby storici ai guai della Juve, passando per il "Sì" a San Siro
Massimo Moratti
Massimo MorattiProfimedia
L'ex presidente dell'Inter in esclusiva a Diretta.it in vista della stracittadina di domenica sera. L'ex dirigente nerazzurro ha parlato a tutto campo toccando diversi temi. Sullo scudetto: "Spero lo vinca il Napoli".

Quando parla dell'Inter, Massimo Moratti continua a farlo alla prima persona plurale: "Noi". Quando, invece, si riferisce a "loro" lo fa provando a sottolineare un certo distacco che, però, è solo "goliardico". E, del resto, sia lui che la sua famiglia rimandano a quell'immaginario collettivo di chi si approccia ancora oggi al calcio con quel pizzico di romanticismo e disincanto oramai andato perduto, ma che sarebbe necessario ritrovare: "I derby degli anni Sessanta? Beh, si soffriva, ma erano molto divertenti".

Che ricordi ha delle sfide tra bauscia e dei casciavit?

"Ah, non può capire... Erano tempi in cui si voleva sottolineare una differenza nel tifo. Ed era molto divertente. Alla fine della partita si faceva il funerale della squadra che aveva perso. Era molto piacevole".

Probabilmente, quando il presidente era lei e non suo padre, viveva i derby in maniera  meno divertente.

"In realtà è sempre stata una partita molto sofferta. Poi è chiaro che quando sei il responsabile di una delle due squadre non vuoi fare brutta figura nei confronti della città e, quindi soffri prima, durante e, se perdi, anche dopo. I sentimenti tra i derby di mio padre e i miei contro Berlusconi erano gli stessi, forse era la gente a essere cambiata un po'. Una cosa, però, è rimasta uguale: oggi come allora, infatti, non è detto che a vincere la partita sia la squadra che arriva al derby da favorita".

Al derby di domenica ci arriva favorita l'Inter...

"Il giorno del derby di Supercoppa le sensazioni erano molto belle perché la squadra giocava bene, è scesa in campo decisa e determinata. Sembrava un vero e proprio squadrone, insomma. Ha disputato una partita importante, giocando molto bene. E quello ha illuso un po' tutti, perché poi siamo tornati al campionato e, qundi, alla normalità".

Una normalità fatta di mini crisi ricorrenti sia da un lato che dall'altro.

"L'inter, però, sta dimostrando di avere maggiore continuità".

I festeggiamenti dell'Inter dopo il successo contro il Milan in Supercoppa
I festeggiamenti dell'Inter dopo il successo contro il Milan in SupercoppaAFP

Beh, non ci vuole molto.

"Sì, ma dà davvero l'impresione di essere più forte. Almeno in questo momento. Per quanto riguarda il Milan, invece, bisogna capire di che tipo di crisi si tratti: se è solo psicologica o anche atletica. Di certo, loro non stanno attraversando un periodo facile. Ma proprio per questo, il derby diventa un'occasione valida per rifarsi. Noi, però, abbiamo dalla nostra il vantaggio di arrivare alla gara con uno spirito piu forte".

Sinora, in campionato, Simone Inzaghi non ha convinto.

"Ci tiene quest'anno, così come ci teneva la scorsa stagione. Ed è proprio il fardello di non aver vinto lo scudetto dell'anno scorso ad aver pesato sulla continuità di questa squadra anche quest'anno".

L'anno scorso ha vinto il Milan o perso l'Inter?

"Tutte e due le cose. L'Inter certamente lo scudetto l'ha buttato, però il Milan, alla fine, per quello che ha fatto ha meritato di vincerlo".

Nicolò Barella e Theo Hernandez
Nicolò Barella e Theo HernandezAFP

Questa stagione, invece, il titolo sembra si stia incamminando verso sud.

"Mi farebbe molto piacre che a vincerlo fosse il Napoli. Innanzitutto, perché cambierebbe un po' le carte in tavola. E, poi, il napoli sta diventando una società importante anche fuori dall'Italia. Speriamo proprio che continui a fare bene anche in Europa. Sotto tutti i punti di vista e non solo quello calcistico è, inoltre, molto importante per Napoli vivere una situazione del genere".

Più a nord, invece, le cose stanno prendendo una brutta piega. Dal rigore di Iuliano a Ronaldo alle plusvalenze, come vive questa seconda crisi della Juve?

"Non mi piace parlarne perché è una situazione un po' squallida e triste. A me dispiace, soprattutto per il calcio che non dà una gran bella immagine. Spero davvero che la Juve ne esca dignitosamente".

Andrea Agnelli, Gianluca Ferrero e Pavel Nedved
Andrea Agnelli, Gianluca Ferrero e Pavel NedvedJuventus.com

Le plusvalenze le fanno tutti?

"È una battuta che non mi piace. Non ci sto. Detto questo, sono lontano dal calcio da molti anni e non so cosa succeda oggi".

Torniamo al derby. Il trait d'union tra suo padre è lei ha il profilo di Peppino Prisco.

"Lui è stata la continuità dell'Inter. Lo ricordo come una persona molto intelligente e simpaticissima. Di una sveltezza mentale unica. Un avvocato di altissimo livello e una persona che aveva tanti meriti (è stato medaglia d'oro in guerra!), ma che non ha mai perso la sua grande semplicità. La sua simpatia è servita anche all'inter".

Prisco, probabilmente, si sarebbe incatenato ai cancelli di San Siro. Lei lo butterebbe giù?

"Assolutamente no. Parlandone con chi ha vissuto le vittorie e le sofferenze, sia con mio padre che con me, mi rendo conto che per loro sarebbe come se qualcuno facesse male a un loro parente. E, poi, anche da un punto di vista logico e razionale mi sembra anche che sia uno stadio che risponda esattamente a quelle che sono le esigenze e le necessità del tifoso: andare allo stadio e vedere bene la partita. E questo San Siro lo permette".

Perché mentre Real Madrid e Barcellona ristrutturano il Bernabeu e il Camp Nou, Milano pensa di distruggere San Siro?

"Non lo so, magari c'è una corresponsabilità del Comune. Sia al Real che al Barça, l'impostazione societaria è diversa. La partecipazione dei soci è molto importante e questo favorisce che le decisioni vengano prese da esperti".

Crede che sia possibile che Inter e Milan tornino in mani milanesi?

"No, mi sembra impossibile. Almeno in questo momento. Poi non so che tipo di evoluzione di carattere finanziario ed economico possa avere l'ambito italiano, ma è difficile oggi per una famiglia prendere in mano una squadra di calcio perché sia il rischio che l'esposizione sono notevoli".

 Ha qualche rimpianto?

"Essere presidente dell'Inter è stata un'emozione grandissima, un privilegio. Errori ne ho fatto una montagna. Questo non toglie, però, che il risultato finale mi sia sembrato buono. Abbiamo ottenuto tante vittorie che sono importanti per l'immagine della società".

E di qualche calciatore che avrebbe voluto portare a Milano?

"Tanti. In molti casi, però, non è dipeso da noi. Come Cantona che è il primo che avrei voluto prendere e che ci è sfuggito per poco. Sono certo che ci avrebbe consentito di vincere già prima".

Ha amato più Ronaldo o Recoba?

"Bella scelta. Sono tutti e due calciatori a cui sono affezionato molto. Ronaldo è un extraterrestre sotto il punto di vista calcistico, mentre Recoba è il giocatore più sorprendente che abbia mai visto, uno che ti faceva vincere la partita a cinque minuti dalla fine. Li ho ammirati entrambi e voluto bene a tutti e due".

Questa, forse, è più difficile: Mourinho o Herrera?

(Ride, ndr) "Li ho sempre considerati molto simili. E devo ammettere che Mourinho l'ho preso pensando proprio a Herrera perché aveva caratteristiche simili sia nella comunicazione che nel carattere, nella determinazione e nella professionalità. E, poi, non sono stati soltanto bravi, ma anche vincenti".

José Mourinho
José MourinhoAFP

Non mi dica che tifa anche un po' per la Roma?

"Certo che sì, senza dubbio! E, se dimentichiamo ieri sera (sconfitta in Coppa Italia contro la Cremonese), Mou sta anche facendo abbastanza bene, nonostante non sia una situazione facile".