Tre anni dall'addio di Kobe Bryant, l'erede di Michael Jordan cresciuto in Italia

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Tre anni dall'addio di Kobe Bryant, l'erede di Michael Jordan cresciuto in Italia

Tre anni dall'addio di Kobe Bryant, l'erede di Michael Jordan cresciuto in Italia
Tre anni dall'addio di Kobe Bryant, l'erede di Michael Jordan cresciuto in ItaliaProfimedia
Il 26 gennaio 2020 il cestista simbolo del nuovo millennio era vittima di un incidente d'elicottero fatale per lui e sua figlia Gianna. La sua morte ha proiettato il suo ricordo ben oltre il mito

La morte rende eterni. Eppure, Kobe Bryant eterno lo era stato anche in vita. Anche dopo il ritiro dalle competizioni ufficiali. Già dal momento in cui da giovane aveva fatto all'incredulo Tracy McGrady la seguente confessione “Voglio diventare immortale. Voglio avere la mia carriera, diventare migliore di Michael Jordan e morire giovane”.

Andato via troppo presto, tre anni e mezzo dopo aver definitivamente abbandonato la carriera agonistica, uno dei giocatori più emblematici di sempre e icona del basket del nuovo millennio è stato ricordato oggi in una serie di manifestazioni. Una su tutte quella del comune di Reggio Emilia, città nella quale da piccolo Kobe aveva vissuto seguendo la carriera di papà Joe. Smargiasso e cocciuto, istrionico e sorridente, colui che avrebbe fatto la storia del basket tra fade away e soluzioni personali molto testarde, ha preso la spinta alla conquista del mondo dal nostro paese, al quale è sempre stato grato.

Dall'Italia al mondo

La carriera del pluricampione NBA con i Los Angeles Lakers ha dovuto molto all'Italia, paese nel quale visse dai 6 ai 13 anni d'età, iniziando a prendere confidenza con la palla a spicchi che aveva portato fin lì la sua famiglia. Il periodo nel Belpaese sarebbe stato per lui fondamentale, in tutti i sensi. Fu proprio in Italia che Kobe imparò i fondamentali del basket come il palleggio e l'uso del piede perno, cose che secondo lui negli Stati Uniti non venivano insegnate a dovere. Invece dei playground delle città statunitensi, il ragazzo di Philadelphia popolava i palazzetti della provincia italiana, dove avrebbe iniziato a forgiare la sua leggenda.

A fare la differenza nella sua carriera, tuttavia, fu la determinazione. E anche la volontà di raggiungere e superare Michael Jordan, per molti il cestista più forte di sempre. Alto uguale (1,98 m) e formatosi come guardia tiratrice, Kobe si sarebbe scontrato varie volte con MJ per carpirne i segreti. E la sua carriera sarebbe stata un calco di quella del leader dei Chicago Bulls. 

Oltre il mito

Vincitore di cinque anelli e di due ori olimpici, Bryant avrebbe preso il testimone di Jordan anche nella nazionale degli Stati Uniti, il famoso Dream Team il cui termine venne scomodato per la prima volta alle Olimpiadi del 1992 a Barcellona. Quarto marcatore di sempre in NBA con 33643 punti totali, il ragazzo che imparò a giocare a basket in Italia per diventare come Jordan ha rappresentato l'archetipo del sacrificio e dell'abnegazione. Lui, che quando doveva alzare l'asticella si svegliava alle quattro del mattino per perfezionare le proprie abilità, anche già nel pieno della carriera, avrebbe scritto la storia mostrando alla pari talento e arroganza, proprio come Jordan.

Il volo difettoso di quel 26 gennaio 2020, quando doveva accompagnare a una partita sua figlia Gianna, la sua vera erede, lo ha proiettato direttamente nell'eternità. Oltre il mito. Come uno di quei canestri tutti suoi, inventati dal nulla ed esplosi nell'aria di chi vola senza paura di cadere, ma con la sola voglia di vincere. Sempre.