Grande attaccante d'area di rigore, le maggiori soddisfazioni della sua carriera, Oliver Bierhoff, se l'è tolte con la Germania, con cui si è proclamato campione d'Europa, e in Serie A con le maglie di Ascoli, Udinese e Milan, con cui ha vinto anche uno scudetto. Sempre da protagonista.
Oggi, l'ex centravanti tedesco continua a seguire le sorti della Mannschaft da dirigente e, alla vigilia della sfida dei quarti di finale di Nations League contro gli azzurri di Spalletti ha assicurato, in un'intervista a la Gazzetta dello Sport, che "l’Italia non è più l’avversario di cui si ha più paura, la bestia nera. Senza offendere nessuno, però soprattutto nel 2006 c’era altra qualità negli azzurri. Io penso che sia stato un grandissimo risultato vincere l’Europeo del 2020, ma generalmente tanti nomi non sono al livello del passato".

"Si deve avere l’orgoglio di giocare in nazionale, di trovarsi bene in un’unità che ha degli obiettivi grandi e che capisci che si possono raggiungere solo con entusiasmo e spirito di squadra, anche se c’è meno qualità. Se hai 10, 12, 15 campioni, come abbiamo avuto anche noi nel 2014, è più una gestione di persone. Altrimenti devi lavorare sul gruppo, sull’identità, sulla disciplina. Andare in campo e capire che il risultato si può ottenere soltanto insieme", ha assicurato, inoltre, sul lavoro del ct Luciano Spaletti..
Bierhoff è tornato, poi, anche sul successo tedesco all'Europeo del 2016 contro l'Italia di Antonio Conte: "Una notte di tensione, ma passammo noi. Di Conte ho grande rispetto, dà grande grinta, però da avversario non è proprio simpatico. Era così anche da calciatore, quando ci avevo giocato contro non era uno che piaceva, che parlava tranquillamente con te. A Bordeaux quasi non ci siamo neanche guardati. In campo poi avevamo più qualità, ma l’ultimo rigore è entrato in maniera strana, debole. Si vede che era scritto nelle stelle».