Le scommesse, la squalifica e la rinascita con il Newcastle, con cui ha anche conquistato la Carabao Cup. Questi e molti altri temi sono stati affrontati da Sandro Tonali in una lunga intervista. L'ex rossonero ha svelato diversi retroscena sul suo passato, incluso l'addio al Brescia nell'estate del 2020: "Ero in Sardegna con Cistana e Torregrossa, il gruppo del Brescia. Era il periodo in cui stavo trattando con il Milan e in un ristorante abbiamo incontrato De Ligt, che mi ha parlato benissimo della Juventus e mi ha consigliato di farci un pensiero".
Il centrocampista azzurro scelse poi il Milan: "Quando mi ha comprato, arrivavo dall'ultimo anno di Brescia dove avevo un contratto da 200.000€. Ho fatto un'estate dove non sapevo mai con chi avrei firmato, fino agli ultimi cinque giorni veramente non sapevo in che squadra sarei andato. Alla fine mi sono ritrovato al Milan, che è la squadra per cui ho sempre tifato da bambino, con un contratto da circa due milioni e mezzo di euro".
"Mi sono detto di avercela fatta, mi chiedevo cosa ci fosse più di così. Ero un ragazzino di vent'anni che era a Milano con la fidanzata e guadagnava un sacco di soldi. Giocavo nella sua squadra del cuore, non avevo più obiettivi nella mia vita. E ho avuto difficoltà perché questi ragionamenti e pensieri che facevo fuori dal campo poi si rispecchiavano in campo".
"La gente non pretendeva le stesse cose che facevo a Brescia. Ho iniziato in modo normale nelle prime partite, niente di che. Il periodo in mezzo è stato quello di maggiore difficoltà per le tante partite. Non ero abituato. Mi sono ritrovato a fare i preliminari di Europa League, Europa League, Coppa Italia, Serie A ed ero stravolto. L'ho subita molto. Delle volte, in quella stagione, preferivo non giocare, quindi questo ti fa capire in che momento ero. Se oggi non gioco una partita, la mia ragazza lo sa, è un delirio!"
"A fine stagione ci siamo qualificati in Champions e mi sono detto che avrei dovuto iniziare a giocare. Avevo fatto 37 partite, ma mai nessuna che facesse dire “C**o, che partita che ha fatto Tonali!”. Dal secondo anno è cambiato un po' tutto. Sono andato in vacanza, ho fatto una vacanza un po' particolare perché non sapevamo ancora se il Milan mi avrebbe riscattato o meno. Sono rimasto a Brescia, sul lago, trascorrendo ogni giorno a guardare il telefono per 20 giorni, c’era quell'aria pesante".
"Non volevo lasciare il Milan. Quella cosa lì mi pesava molto. Ci hanno chiamato e ci hanno detto che bisognava rinunciare a qualcosa, che bisognava parlare. Il momento di difficoltà me lo sono tolto nelle prime due partite della seconda stagione, che erano un po' un dentro o fuori. Della serie: o sei cambiato oppure ti releghiamo a quello che eri prima".
Il peso della squalifica e l'importanza della terapia
Passando poi a parlare della squalifica per scommesse, Tonali ha ammesso le sue responsabilità e ha raccontato il percorso di recupero che lo ha portato a superare quel difficile momento: "Ho sbagliato, ho pagato e ho lavorato per essere migliore. Ma nei primi 5-6 mesi, quando non avevo ancora capito il mio errore, la mia testa mi diceva di non aver commesso errori ed era quello il pericolo. Se non fai il mio percorso, se non perdi niente, è difficile comprendere di aver sbagliato".
"Se domani perdessi il lavoro e la famiglia, capiresti immediatamente di aver sbagliato qualcosa. Scatterebbe dentro automaticamente un esame di coscienza. Per me era diverso: nessuno mi ha toccato lo stipendio, mi avevano solo bloccato il lavoro. Come fai a dire: ‘Sì, per un anno vado 4 volte a settimana dallo psicologo anche se non è obbligatorio anziché restare a casa’?"
"Ho lavorato per un anno con lo psicologo, 4 volte a settimane. Non è stato semplice: non potevo prendere farmaci a causa dell’antidoping. È difficile far capire l’errore a uno che non ha le basi dell’errore perché ha già tutto. Nei primi 2 mesi mi allenavo ma non vedevo l'obiettivo: non avevo stimoli. Quando non devi metterti in gioco con nessuno, quando non devi allenarti meglio del compagno perché altrimenti non giochi, non hai stimoli".
"Mi sono trovato in un momento, fra il secondo-terzo mese, in cui non avevo stimoli. La mattina andavo al campo e mi chiedevo il perché. Con lo psicologo ho lavorato per due settimane perché a volte non volevo neppure andare".
"Sono stato fortunato a essere in Inghilterra. Ho vissuto 7 mesi senza telefono e tablet. Guardavo la TV solo per le partite e i film. Non mi arrivavano notizie. Anche perché immagino che in quel periodo non siano state… ‘Sandro Tonali ha sbagliato’. Non guardare social e tv mi ha alleggerito completamente. Non so cosa sia successo in quei mesi e non mi interessa. Non mi interessava aggiornare i social cercando il mio nome".
"Vivere senza il telefono è stato un po’ problematico, soprattutto per contattare la mia famiglia. Dovevano contattare la mia ragazza e lei doveva essere accanto a me. Poi andavo in giro, al campo in macchina senza telefono e non mi pesava. Avevo gli orari degli allenamenti sul telefono della mia ragazza. Dopo un po’ di mesi, quando ho capito che utilizzarlo da solo non era più un pericolo, l’ho ripreso".

Sandro Tonali, infine, ha concluso la sua intervista parlando del tanto atteso ritorno in campo: "Le prime 3-4 partite ho giocato di voglia, energia, adrenalina, toccando un picco enorme. Poi, già dai match successivi ho accusato lo sprint. A un certo punto si aspettavano sempre quel tipo di prestazione e quando sono calato, in Inghilterra si sono chiesti cosa stesse succedendo. In realtà è normale. Abbiamo trovato un percorso, ci siamo gestiti. Tra agosto e novembre ho giocato 2-3 partite da titolare, ma ho avuto comunque tanto minutaggio perché entravo per 45’ o mezz’ora. Mai soltanto per un minuto, perché non mi sarebbe servito a nulla".