ESCLUSIVA - Pires sull'Arsenal degli Invincibili, la gestione di Arteta e la finale di Euro 2000

Robert Pires ha parlato con Flashscore a Londra
Robert Pires ha parlato con Flashscore a LondraFlashscore

In una chiacchierata con il podcast Livesport Daily di Flashscore, la leggenda di Arsenal e della Francia Robert Pires ripercorre i momenti e le persone che hanno segnato la sua carriera. Dall’adattamento all’intensità del calcio inglese ai segreti degli Invincibili, fino ai consigli che hanno plasmato la sua filosofia di gioco, Pires offre riflessioni profonde su ciò che ha reso speciali lui e le sue squadre.

Questa intervista è stata realizzata nell’ambito di 'The Big Pete', un progetto multimediale di Flashscore e CANAL+ Sport che sarà lanciato nella primavera 2026.

Robert, come ti descriveresti come calciatore ai tifosi più giovani che non ti hanno mai visto giocare?

"Se dovessi descrivere le mie qualità, direi tecnica, primo controllo, passaggio e visione di gioco. Forse anche eleganza. Non sono mai stato un giocatore aggressivo, non era nella mia natura. Mi piaceva giocare a calcio in modo semplice e intelligente."

Hai citato una volta Dennis Bergkamp dicendo: 'Il primo controllo è la chiave di tutto, perché il calcio è molto semplice'. È il miglior consiglio che tu abbia mai ricevuto?

"Sì, senza alcun dubbio. Ricevere quel consiglio da Dennis Bergkamp, uno dei migliori al mondo, ha significato molto per me".

"Quando sono arrivato all’Arsenal nel 2000, mi disse che il calcio è semplice se il tuo primo controllo è buono. Ed è vero: con un buon primo tocco sei a tuo agio, puoi alzare la testa, vedere i compagni e prendere la decisione giusta. Per me, quello è stato il consiglio più prezioso che abbia mai ricevuto."

Quel consiglio ha cambiato il tuo modo di allenarti e di vedere il calcio?

"Assolutamente. In Francia ho imparato un grande calcio, ma imparare da Bergkamp è stato qualcosa di speciale. Non volevo copiarlo, ma volevo migliorarmi".

"Ogni allenamento cercavo di fare meglio: controllo, passaggi, movimenti. Quando giochi in modo semplice, come faceva Dennis, tutto diventa più facile."

L’approccio di Arsene Wenger ha reso più facile questo passaggio per te?

"Sì. Quel consiglio di Bergkamp mi ha davvero cambiato la mentalità, e anche Arsene Wenger è stato fondamentale per me".

"I primi sei mesi all’Arsenal sono stati molto difficili. Ho cambiato tutto: paese, lingua, tattiche, compagni. Il calcio inglese era più duro, non solo in partita ma anche in allenamento".

"Ricordo gli allenamenti con giocatori come Tony Adams, Martin Keown, Lee Dixon e Ray Parlour. Una volta Lee Dixon mi disse: 'Non sono tuo amico, qui ci si allena duro'. Quella mentalità era molto diversa da quella che conoscevo in Francia. Arsene mi ha aiutato ad adattarmi a tutto questo."

L’ambiente e la qualità dei compagni ti hanno aiutato a scoprire capacità che non sapevi di avere?

"Certo. Arsene Wenger ha costruito una squadra incredibile, capace di vincere la Premier League. Ha mantenuto un nucleo inglese forte, ma lo ha arricchito con giocatori stranieri – francesi, spagnoli, olandesi, svedesi, tedeschi. Quella miscela era fantastica. La storia parla da sola: i titoli nel 2003 e 2004, e ovviamente la stagione degli Invincibili".

"Wenger non ha cambiato solo l’Arsenal. Ha rivoluzionato la Premier League portando qualcosa di nuovo, soprattutto nel modo di giocare."

Guardando indietro, cosa ha dato agli Invincibili una forza mentale così straordinaria?

"È stato Arsene Wenger e lo spirito che ha creato. L’impegno era tutto. Ogni partita in Premier League era dura. Non solo contro Manchester United, Chelsea o Liverpool, ma soprattutto le trasferte in campi come Bolton, Blackburn o Leeds. Erano quelle le partite che dovevi vincere per diventare campione".

"Arsene sceglieva giocatori con la mentalità giusta e costruiva uno spogliatoio che ci credeva. Ecco perché siamo rimasti imbattuti, ed è per questo che il record resiste ancora oggi."

Chi è stato il più determinante nel creare quella cultura vincente nello spogliatoio?

"Patrick Vieira, senza dubbio. Era il capitano e il leader. Servono diversi tipi di leader: leader tecnici come Bergkamp o Thierry Henry, ma Patrick aveva tutto – leadership, onestà, spirito combattivo. Era francese, ma con mentalità inglese. Quella combinazione è stata fondamentale."

Vedi delle somiglianze tra gli Invincibili e l’Arsenal attuale?

"La squadra di oggi è molto forte e gioca un calcio di grande qualità. Non amo i paragoni diretti perché gli Invincibili erano un gruppo speciale, e questa è una squadra diversa con un altro allenatore.

"Ma sono ottimista. Spero di vedere Mikel Arteta sollevare il trofeo con questa squadra. È il mio sogno, e il sogno di tutti i tifosi dell’Arsenal."

Cosa è cambiato secondo te con Arteta?

"Arteta ha cambiato qualcosa, soprattutto nella profondità della rosa. La qualità in panchina è fondamentale. L’Arsenal ha investito molto su Viktor Gyokeres, ed è stata una mossa chiave. Se vuoi vincere la Premier League, serve un attaccante che segni con continuità, ma che aiuti anche la squadra nei momenti difficili."

Gyokeres è il tassello mancante per l’Arsenal nella corsa al titolo?

"Sì, perché i gol sono fondamentali, ma non si tratta solo di segnare. Lui dà qualcosa di diverso alla squadra. Per me, la grande differenza di questo Arsenal non è solo l’undici titolare, ma la qualità della panchina. Chi entra può dare subito un contributo. Questo è molto importante in una stagione lunga."

Quanto conta la profondità della rosa ai massimi livelli?

"È essenziale. Quando hai alternative, puoi competere sia in Premier League che in Champions League. Se hai giocatori come (Gabriel) Martinelli o (Leandro) Trossard in panchina, sono ottime soluzioni. Possono cambiare la partita. Per Mikel Arteta è una notizia fantastica, perché ha più possibilità e più soluzioni."

Quindi, i tifosi dell’Arsenal fanno bene a crederci di nuovo?

"Sì, certo. Ora i tifosi possono sognare. La stagione è ancora lunga, e il calcio è sempre complicato, ma l’Arsenal è più concentrato, più costante e mentalmente più forte di prima. Questa è la mentalità dei campioni."

Segnavi spesso da centrocampo nell’era degli Invincibili. Studiavi i portieri o era tutto istinto?

"A dire la verità, era istintivo. Il calcio è naturale, ma l’allenamento è fondamentale. Ogni mattina, soprattutto per attaccanti e giocatori offensivi, bisogna lavorare davanti alla porta. Il mio compito principale era fornire assist, ma se potevo segnare, ovviamente ero felice".

"Lo dico sempre, anche a mio figlio: se vuoi diventare un calciatore professionista, gli allenamenti sono la cosa più importante. Se lavori bene in allenamento, puoi fare lo stesso in partita."

Ti fermavi dopo l’allenamento per lavorare sulla finalizzazione?

"Sì, molte volte. Dopo l’allenamento di squadra restavo con il terzo portiere a provare i tiri. L’ho fatto con Thierry Henry, Dennis Bergkamp, Robin van Persie, con tutti. Quando ripeti queste azioni in allenamento, diventano istintive in partita. Per me, l’allenamento era la chiave."

Uno dei tuoi assist più famosi è arrivato nella finale di Euro 2000 per il golden goal di David Trezeguet. Cosa ricordi di quel momento?

"È stato un cambio molto strano, a dire il vero. Sono entrato tardi e ho sostituito Bixente Lizarazu, un terzino sinistro. Ma forse il mister aveva una buona sensazione".

"Ho preso palla, sono andato uno contro uno con Cannavaro, l’ho superato in dribbling e ho crossato per David Trezeguet. Ha segnato un gol straordinario. Per me si trattava di prendersi responsabilità e rischi, e ha funzionato."

Cosa hai provato nei secondi dopo aver creato un golden goal in una finale degli Europei?

"È stata una sensazione incredibile. Quando ho visto David segnare, ho capito che era finita. Eravamo campioni d’Europa".

"La partita contro l’Italia è stata molto difficile, quindi vincere così è stato speciale. Non ho davvero le parole per descriverlo."

E poi, quasi subito, sei passato all’Arsenal…

"Sì. Il giorno dopo la finale ho fatto le visite mediche con l’Arsenal. All’inizio non ho festeggiato molto, solo più tardi a Parigi".

"Sono state 24 ore incredibili: campione d’Europa con la Francia, poi la firma di un contratto quadriennale con l’Arsenal il giorno dopo. Un momento straordinario della mia vita."

È stata la migliore estate della tua vita?

"Sì, dopo il Mondiale del 1998. Nel 1998 abbiamo vinto la Coppa del Mondo, nel 2000 l’Europeo. Sono stato molto fortunato. Bei momenti, belle estati."