Le speranze dell’intera Africa e di tutto il mondo arabo sono racchiuse nella favola Marocco e portano con sé risvolti sociali, rabbia, disillusione, rivoluzioni mancate, sogni di grandezza. Lo fanno con una nazionale "autarchica" nella guida tecnica.
Walid Regragui è il primo marocchino a guidare il paese in una Coppa del Mondo dal 1994, il secondo in tutta la storia del Marocco, anche se è nato in Francia, a Corbeil-Essonnes, nei sobborghi dell'Île-de-France . Una scelta di “indipendenza” che ha pagato dopo che alla guida della nazionale si sono succeduti un portoghese, un belga tre francesi e un bosniaco.
L’ultimo, Vahid Halilhodzic, era riuscito ad allontanare dalla nazionale talenti come Hakim Ziyech del Chelsea e il terzino del Bayern Monaco, Noussair Mazraoui, che hanno rinunciato a giocare le qualificazioni.
È stata proprio questa la forza di Regragui: la capacità di ricompattare sotto il punto di vista identitario un gruppo che ora si sente un tutt’uno con la propria nazionale, e che nella prima Coppa del Mondo giocata in un paese arabo, porta con sé tutta le speranze di quel popolo, oltre che dell’intero continente. Una nazionale che per queste prerogative è come se giocasse in casa, e il calore si fa sentire nelle strade, sui social, sugli spalti a ogni vittoria.
Con Regragui è tornato lo spirito, e sono tornati in nazionale talenti come Ziyech, difficile da gestire per tutti ma non per uno che parla la stessa lingua, in tutti i sensi: “Molte persone dicono che è un pazzo, un ragazzo difficile da gestire e che non può aiutare la squadra. Io, quello che vedo è che quando gli dai amore e fiducia può morire per te. Ed è quello che gli do e lui mi restituisce”, ha detto di lui l’allenatore.
Uno spirito identitario che era per natura già nei giocatori del Marocco, come nel caso di Achraf Hakimi che è nato in Spagna ma ha scelto di giocare per la nazionale della mamma, la stessa che è corso ad abbracciare dopo il rigore contro la Spagna, il “nostro” Walid Cheddira, che è nato a Loreto, Hakim Ziyech e Sofyan Amrabat nati in Olanda o Sofiane Boufal nato a Parigi. Proprio come il loro allenatore, più della metà dei 26 giocatori della nazionale sono nati in un altro paese.
Regragui ha saputo prendere questo spirito, trasmetterlo e ricompattare un gruppo a tre mesi dall’inizio del Mondiale, da quando cioè la federazione marocchina ha deciso di esonerare Halilhodzic e affidargli la guida della nazionale. E protagoniste non sono più le wags, come eravamo abituati a vedere, ma le mamme che Regragui ha chiesto venissero a supportare i loro figli.
Ora, dopo aver battuto Belgio, Spagna e Portogallo, lo aspetta la prova più difficile, e non soltanto dal punto di vista tecnico: la Francia. Impossibile non uscire con la mente dal rettangolo verde, impossibile non pensare a tutto il carico simbolico di questo incontro per la storia dei due Paesi. Sarà impossibile soprattutto per il Marocco, oltre che per buona parte dell’Africa e del mondo arabo.