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Napoli, da un titolo da sogno a una stagione da incubo: cronaca di uno sfascio annunciato

Antonio Moschella
La delusione degli azzurri ieri al Maradona
La delusione degli azzurri ieri al MaradonaAFP/Canva
La sconfitta interna col Bologna è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso di bile accumulata dall'ambiente azzurro in quest'annata

Facce inespressive. Gambe molli. Animi incupiti. I giocatori del Napoli che escono col capo chino dal Diego Armando Maradona sono degli uomini che hanno dissacrato stadio, ambiente e una maglia con su lo Scudetto che avrebbe dovuto essere onorata per lo meno con più voglia. E, invece, già dalle decisioni societarie del giugno 2023 si era capito che sarebbe stato molto complicato ripetersi. Quel che non si poteva immaginare, però, era vedere una squadra totalmente disamorata, invertebrata e inetta. La brutta copia di quella portata al trionfo da Luciano Spalletti un anno fa.

Perché alcuni colpi di un attacco qualitativamente importante si sono visti, specialmente a inizio campionato. Ma sono rimasti fini a sé stessi, anche perché era come vedere tre dita di un piede muoversi da sole senza essere assecondate dall'asse del corpo e dalle gambe. Alla fine, la stagione attuale è stata uno stillicidio culminato ieri nella debacle casalinga contro il Bologna, dove un undici totalmente arrendevole ha confermato la sua triste posizione di metà classifica.

Pessime scelte

Le avvisaglie non stimolavano la piazza, ma uno scenario così apocalittico non lo avrebbe augurato neanche il più pessimista. È vero però che la scelta del presidente Aurelio De Laurentiis di affidare la panchina dei campioni d'Italia a un tecnico fuori dai radar come Rudi Garcia e dare i galloni di direttore sportivo a un personaggio che mai si era fatto notare come Mauro Meluso aveva fatto storcere il naso a giocatori e alla piazza. E non poco.

Un autentico incubo per i calciatori, che sono passati dal vulcanico ma saggio Spalletti a un tecnico totalmente involuto tatticamente, e che si sono visti accompagnare fuori dal campo da un dirigente passivo ed eccessivamente bloccato dalla deleteria onnipotenza del patron, un padre padrone spesso troppo ingombrante, e causa di addii di tecnici capaci come lo stesso Spalletti e Maurizio Sarri, che a Fuorigrotta hanno fatto la storia per risultati e gioco.

Garcia e De Laurentiis
Garcia e De LaurentiisProfimedia/IMAGO

Il resto è stato uno "sperpetuo", parola che in napoletano evoca la lunga agonia dovuta a qualcosa di noioso e cupo. Come il gioco involuto di una squadra che un anno prima aveva dominato non solo per concretezza ma anche per la qualità del gioco. Voler cacciare Garcia in autunno per puntare su un bollitissimo Walter Mazzarri, al quale ha fatto malissimo tornare dove aveva trionfato, è stato il colpo di maglio a un gruppo che dopo l'addio di Spalletti si è sgretolato.

E la decisione di far entrare Calzona, già impegnato con la Slovacchia, è stato un tentativo in extremis di ridare vita a un malato terminale. L'allenatore calabrese, pur responsabile di non aver fatto svoltare il Napoli, specialmente nella fase difensiva, è arrivato in un ambiente già troppo marcio per essere risanato.

La forma recente del Napoli
La forma recente del NapoliFlashscore

Rassegnazione

A pagarne il prezzo più alto, come sempre, sono i tifosi. Tifosi che nonostante da mesi la mediocrità sia piombata perennemente sul Maradona, non hanno smesso di popolare lo stadio di Fuorigrotta, teatro ieri del sacco bolognese. Un luogo mistico per il glorioso passato ma che quest'anno è stato marchiato d'infamia per il pessimo spettacolo offerto dopo le scintille dell'anno scorso. L'ultima vittoria in casa degli azzurri risale a oltre due mesi fa, un risicato 2-1 contro una Juventus terribilmente sprecona che era stato più frutto dell'abnegazione e del cuore che della vera qualità di gioco. E in una partita molto sentita che aveva messo ali ai piedi a tutti.

Ma, purtroppo, la mediocrità si riscontra proprio nell'approccio alle partite meno prestigiose, dove in campo va messa la concentrazione e la sapienza, oltre all'agonismo. Caratteristica, quest'ultima, ultimamente sparita a Napoli, dove solo Osimhen, ormai in partenza, non ha mai smesso di lottare. Lui, che con ogni probabilità non vestirà più l'azzurro, lascerà un Maradona in macerie. Uno stadio che chiede che vadano via in molti che hanno profanato la maglia con lo Scudo, una rarità da queste parti. L'impressione, è che la nottata di defilippiana memoria non abbia fatto altro che iniziare...