ROMA - Se nella Roma antica i Baccanali erano le feste per eccellenza per rilasciare la tensione e sfogare il proprio io selvaggio tra frenesie sessuali e comportamenti osceni (tanto che il Senato decise di proibirli), nella Roma moderna l’equivalente sono i derby tra Roma e Lazio. Come i Baccanali, derivanti dai culti misterici greci legati a Dioniso avevano le loro celebrazioni pubbliche e private, dove nel primo caso erano semplici feste con rappresentazioni teatrali e nel secondo atti libidinosi, così sono i derby romani. Se infatti la facciata pubblica è una semplice partita di calcio, con il suo andamento e il suo risultato, il lato privato porta godimento o tragedia, atti osceni e sfrenati che si possono protrarre per mesi in base al risultato: più pesante è questo per l’una o l’altra squadra, più prolungato è il ludibrio a cui viene sottoposto lo sconfitto nella sfera privata e pubblica: dal pianerottolo di casa all’ufficio.
Sono diversi i derby d’Italia importanti, da quello di Milano a quello di Torino, ma nessuno è come quello capitolino. Per trovare qualcosa di simile bisogna forse andare ad Atene o Belgrado perché Londra non ha un vero derby, vista la moltitudine di squadre presenti nella capitale inglesi, mentre quello di Glasgow, particolarmente sentito, ha alla sua base radici religiose e culturali, qui invece stiamo parlando di persone appartenenti spesso alle stesse sfere sociali. Persino la politica, che un tempo vedeva contrapposte le due curve, con quella laziale da sempre legata all'estrema destra più becera e razzista e quella romanista di sinistra con Cucs e Fedayn, oggi non è più divisiva. Gli ultras di entrambe sono in prevalenza di destra. Certo, un romanista e un laziale troverebbero comunque distinzioni, anche geografiche. Il primo ti dirà che i laziali stanno ai Parioli o in Ciociaria, l’altro indicherà invece come zona di provenienza del giallorosso Roma sud, perché il derby tra Lazio e Roma nell’immaginario è anche quello fortemente radicato tra i due poli geografici della città, dal nord più benestante, e per certi versi “fighetto”, al sud più popolare e per certi versi “coatto”. In realtà non è così, perché romanisti e laziali stanno in tutti i quartieri con netta prevalenza però dei primi, in un rapporto di circa tre a uno.
LA MAPPA DEL TIFO
Questa proporzione non è casuale, ma figlia di un rigoroso studio. Quello fatto da Filippo Celata, professore di geografia economica alla facoltà di Economia de La Sapienza, in collaborazione con il dottorando Gabriele Pinto lo scorso anno. Da questo rapporto emerge che se in città il rapporto è 3-1 nell’intero Lazio si abbassa a 2,3 per arrivare a 1,7 nei Comuni diversi da Roma. Sebbene in nessun quartiere ci sia una prevalenza laziale, come potrebbe pensare un tifoso giallorosso (“i laziali so’ tutti pariolini”) è indubbio che ci sono feudi giallorossi dove sarebbe anche difficile sventolare una bandiera laziale. La ricerca evidenzia tra quelli a netta prevalenza Esquilino, San Lorenzo, Pigneto oltre alla periferia est del VI Municipio, cioè Torre Angela, Tor Bella Monaca, Tor Vergata. Molto schiacciante è la presenza romanista anche nel centro storico, dal Celio a Trastevere, ma soprattutto al Testaccio, dove la Roma ha dato i primi calci (in un campo ora abbandonato all’incuria e che meriterebbe l’interesse del Comune).
Anche se non ai primi posti come rapporto, ci sono poi i quartieri periferici di Salario, Tuscolano, Quadraro e Centocelle. Se da una parte i ricercatori constatano che le zone periferiche di Ciampino, Ostia, Settecamini, Bufalotta, Fidene, Salaria-Serpentara, Labaro e soprattutto San Basilio hanno una percentuale di laziali maggiore, confermano anche una discreta presenza a Roma nord, nei quartieri che vanno da Medaglie d’Oro a Corso Francia, passando per Balduina e Vigna Clara. Cioè le zone più agiate della capitale. Questo potrebbe avere anche un motivo sociale: la scelta del tifo laziale per il tranquillo borghese in contrapposizione a quello romanista di Roma Sud, visto più caciarone o se vogliamo “coatto”.
IL MITO DELLA FONDAZIONE
Il tifo laziale non è però predominante neanche nei suoi “feudi” della più agiata Roma nord, persino a Prati, dove la Lazio è stata fondata nel 1900 e dove da poco è stata inaugurata al sede della fondazione nella torretta di Piazza della Libertà. I biancocelesti hanno giocato prima al Villaggio Olimpico, cioè quabdo un tempo era lo stadio della Rondinella, e poi al Flaminio. La Roma invece ha una genesi diversa, essendo nata dalla fusione di tre società sportive, l’Alba (zona Flaminio), la Fortitudo (Vaticano) e la Football Club, però romanisti e società si identificano nel quartiere dove hanno giocato per anni, il Campo Testaccio, e dove ancora oggi festeggiano i trionfi (come nel caso dell’ultima Conference League).
Sulla fondazione delle due squadre esistono ancora oggi miti difficili da sfatare, ma anche storie altrettanto difficili da chiarire, che sono immancabilmente altri motivi di sfottò tra le due squadre. Romanisti e laziali accreditano entrambi, infatti, la loro squadra come la prima a essere fondata. I giallorossi fanno leva su due evidenze: il nome della città che avrebbe fatto ripiegare gli avversari su un altro in quanto già occupato, e i colori storici dell’Impero romano - oro e rosso. I biancocelesti fanno leva invece su una data certa di fondazione rispetto agli avversari. Chi ha ragione?
CORSA E FUSIONE
Sette anni dopo che i bersaglieri entrarono a Porta Pia, decretando così il connubio tra la città di Roma e l’Italia politica, un bersagliere - Luigi Bigiarelli - fondò la Lazio. Era il 9 gennaio del 1900. Perché si chiamò Lazio e perché scelse quei colori? Sul primo punto ci sono ancora dubbi, visto che la regione Lazio fu istituita settanta anni dopo quel giorno. Probabilmente Bigiarelli scelse quel nome per rifarsi al Latium vetus, la patria dei popoli latini. Sui colori, invece, come spiegano Savio e Savorelli nel loro lavoro “ Tutti i colori del calcio Storia e araldica di una magnifica ossessione”, la spiegazione è più semplice: Bigiarelli scelse quelli della Grecia per rifarsi alle origini delle Olimpiadi. Il perché le Olimpiadi è presto detto: la Lazio era in origine, cioè come pensata dal bersagliere fondatore, una società podistica, nata per la corsa: la Società Podistica Lazio.
Bigiarelli scelse di fondare la Lazio perché il 21 aprile 1900 c’era un Giro di Castel Giubileo riservato solo ad atleti iscritti a società ufficiali, così con un gruppo di amici a Piazza della Libertà decise di istituire una società, che aveva come sport principali l’atletica leggera e il nuoto. La prima partita di calcio fu disputata il 6 gennaio 1901 o forse 1902, mentre l’iscrizione alla Figc è del 1908 e la sezione calcistica è del 3 ottobre 1910. L’avvento dei primi campionati professionistici si ha negli anni ‘20, cioè sotto il fascismo che tra le altre cose vuole concentrare in ogni città una o due squadre massimo. Questo portò al girone unico degli anni ‘30 e per seguire il diktat del regime tre squadre di Roma decisero di fondersi: come detto in precedenza sono la Roman, la Fortitudo e l’Alba. La Lazio invece ne restò fuori e adottò come nome la Polisportiva Società Sportiva Lazio nel 1926.
PERCHÉ IL DERBY DI ROMA È SACRO
Quanto detto in precedenza potrebbe non bastare per far capire a chi viene da fuori l’importanza per la città di questo derby. Infatti per capirlo bisogna vivere a Roma. Qui potreste sentire i muri tremare solo perché i giallorossi hanno sfiorato un gol al 90’ sotto di 3-0 o vedere gente festeggiare a petto nudo con caroselli e incidenti sul lungotevere fino alle cinque di mattina solo per aver passato un quarto di finale di Champions. Attenzione, un quarto di finale, non la vittoria della coppa, probabilmente quel giorno Roma verrebbe letteralmente rasa al suolo. Qui capireste qualcosa che forse è meglio non dire alle due tifoserie perché ci rimarrebbero male: che il derby della capitale d’Italia è provinciale. Ma non è un insulto, tutt'altro: è il tifo che non viene dal calcolo, dalle vittorie, dai blasoni, dalle tradizioni, dalle pose o dalle simpatie, è qualcosa di potente e identitario che diventa quasi una ragion di vita.
Lontane dalle glorie di Inter e Milan o da quelle della Juventus e del Grande Torino, Roma e Lazio hanno vissuto quasi sempre ai margini del grandi trionfi nazionali (tre scudetti la Rome e due la Lazio)e internazionali (una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Uefa la Lazio, una Conference League e due coppe estinte come la Coppa delle Fiere e la Coppa Anglo-Italiana la Roma). Romanisti e laziali vivono di sogni d’estate e si consolano spesso con il posto in classifica sopra i rivali a fine campionato. Ma nel mentre sarà stato comunque bellissimo. Perché è tifo, è passione. Quella di una città tradita sin dai tempi di Bruto e Cassio, che è stata massacrata dalle amministrazioni dai tempi di Nerone (con emuli più o meno calzanti) e che per questo si rifugia in qualcosa che considera sacro perché intimo, candido, innocente: la squadra del cuore. Per i più viscerali, qualcosa di superiore persino all'amore verso compagne e mogli: è la purezza perduta. Gli abitanti di questa città, orgogliosi della storia e della bellezza di Roma, ma feriti dallo scempio a cui devono quotidianamente assistere, trovano così nel derby non soltanto una valvola di sfogo o la consacrazione della loro passione, ma la ragion stessa d'essere romani.