Nel peloton lo conoscono tutti come Matxin. Joxean Fernández, questo il nome sulla sua carta d'identità, è dal 2017 il team manager del Team UAE e, quindi, uno degli artefici principali dei successi di Tadej Pogačar.
Il dirigente basco, però, non è solo l'ombra del Cannibale del ciclismo moderno, ma anche uno dei pilastri fondanti di quella che, negli ultimi due anni, è stata premiata come la migliore squadra al mondo.
Buongiorno Matxin: Pogačar ha deciso di partecipare alla sua prima Parigi-Roubaix. E, parlando di Tadej, il suo obiettivo non può che essere la vittoria.
"Come tutti i corridori, anche lui partirà per dare il massimo, per provare a vincere. La vittoria, però, è difficile in una Roubaix, molto più difficile che altrove. Non è solo un fatto di condizione fisica, ma anche di qualità dei corridori in corsa. Dovrà avere l'abilità di esserci al momento giusto. È una corsa diversa, ma Tadej accetta sempre le nuove sfide".
Più complicata la Roubaix o la Sanremo?
"Sono entrambe difficili, ma meglio non fare paragoni paragoni. La consideriamo per quella che è: una gara importante, un Monumento e, quindi, una delle corse più importanti. Ma credo proprio che sia il momento giusto per provarci".
Sconfitte come quella di pochi giorni fa alla Sanremo, quanto sono importanti nella crescita di Tadej?
"Provarci è sempre importante e nel caso della Roubaix lo è ancora di più perché non l'ha mai fatta. Un corridore con il suo palmarés ci tiene a correre questo tipo di corse, soprattutto per capire ache punto è rispetto ai suoi rivali".
Quando si è reso conto che aveva davanti un ciclista epocale?
"Alla Vuelta 2019. In quel momento ho visto che era veramente un ciclista speciale".
Quando Vingegaard lo ha battuto due volte al Tour ha cominciato ad avere qualche dubbio?
"No. È vero che ha perso, ma sono due sconfitte diverse. Il primo l'ha perso perché ha avuto una giornata no e, quando arriva una giornata in queste corse, è così. Nel secondo caso, invece, ha vinto con merito Jonas Vingegaard. Tuttavia, è stato proprio questo a darci gli stimoli giusti e la rabbia, perché è di questo che si tratta, per lavorare ancora più duramente per tornare alla vittoria".
Immagino che pianificando la stagione 2025, vi siate posti l'obiettivo di migliorare quanto fatto l'anno scorso. Ebbene: come si migliora la fantastica campagna 2024?
"Questa è una bella domanda. Dipende da quello che decidi di fare. Ti puoi porre come obiettivo quello di aumentare il numero di vittorie o quello di migliorarne la qualità. Noi abbiamo deciso di non prendere in considerazione questi due parametri, ma di rincorrere quelle corse che potessero davvero essere una sfida per lui, come ovviamente la Sanremo. Sapevamo che se fosse venuto alla Volta a Catalunya il percorso era molto adatto a lui e avrebbe potuto vincere di più a livello numerico. Tuttavia, ci stimolano le nuove sfide ed è con queste che vogliamo misurarci, sia noi che lui".
Insomma, vuole vincerle tutte.
"Cerchiamo di scegliere sempre tra le corse più importanti al mondo. Dopo che ha vinto due volte la Tirreno abbiamo provato a cambiare andando alla Parigi-Nizza. E così, dopo i fue trionfi all'UAE Tour siamo andati al Giro dell'Andalusia e a Jaen. Allo stesso modo, dopo aver vinto un grande giro, abbiamo provato la doppietta Giro-Tour. Cerchiamo di disegnare stagioni non uguali per avere stimoli diversi".
Dopo quello che è successo nell'ultimo Tour de France sembrava che non ci fosse futuro per Juan Ayuso nella squadra di Pogačar. Poi, però, è riuscito a convincerlo che alla UAE c'è spazio per tutti.
"È evidente e chiaro a tutti che Juan sia un corridore importante. E lo sta confermando anche qui in Catalogna. È uno di quelli che ha bisogno di lottare in prima persona per la vittoria".
E non un gregario...
"Vogliamo dare sia a Tadej che a Juan la possibilità di vincere. Anche perché il calendario è ricco, ci sono quasi sempre tre corse nello stesso periodo dell'anno. Ed è per questo che credo che c'è abbastanza spazio per tutti. L'obiettivo della squadra è essere sempre competitivi in tutte le gare e non avere una squadra fortissima in una corsa e meno forte in altre. Stiamo cercando l'equilibrio perfetto per provare a vincere tutte le corse alle quali partecipiamo".
La storia recente del ciclismo, però, ci dice che è impossibile tenere assieme per molto tempo un dream team.
"Non sono d'accordo. Sinceramente credo che, alla fine, sono fattori come la condizione fisica, le cadute e le malattie a segnare il futuro di una squadra. È normale che, quando hai due o tre corridori importanti con i quali punti a vincere e non lo fai, sei costretto a fare un bilancio. L'obiettivo della scorsa stagione era quello di essere, per il secondo anno, la migliore squadra al mondo. Ed è proprio quando punti a esserlo più di una volta che ti rendi conto che ciò che è davvero complicato non è vincere, bensì mantenersi in alto".
Cosa dobbiamo aspettarci da Ayuso in vista del suo primo Giro d'Italia da capitano?
"Intanto finiamo la Volta. Poi ci concentreremo sul Giro d'Italia, ma è chiaro che l'intenzione è quella di essere protagonisti".
Il ciclismo sta vivendo una nuova età dell'oro. Si parla di nuovo di grandi imprese sportive e non più di doping. È tutto vero o qualche furbetto c'è ancora?
"Sei l'unico che mi ha fatto questa domanda negli ultimi dieci anni. La verità è che è tutto molto tranquillo. Davvero. Ve ne sarete accorti anche voi che c'è una tranquillità in gruppo che, negli ultimi trent'anni, non avevo mai visto".
Monossido: sì o no?
"Non sta a me decidere e non posso nemmeno dare un'opinione in merito perché non ho le informazioni necessarie per farlo".
