La Juventus di Motta è malata. E non nel senso di infortunata, il J|Medical per fortuna si sta svuotando sempre più, restano solo i lungodegenti Bremer e Cabal, per i quali la stagione è finita. Non è nemmeno la "pareggite", problema superato paradossalmente perdendo in Supercoppa. La Juventus ha un male più profondo. Se uno psicologo analizzasse la squadra bianconera, analizzasse le partite contro la Fiorentina e il Milan, parlerebbe forse di "autosabotaggio". La sfortuna non c'entra, infatti quando le situazioni si ripetono.
Se ora prendiamo la definizione di autosabotaggio in psicologia, scopriamo che le cause profonde possono essere diverse, ma tre sono i fattori scatenanti più comuni:
Il primo è "aspettative irrealistiche". E forse è quello di cui soffre la società, che ha scaricato l'ansia degli obiettivi sull'allenatore, ora costretto a fare i conti con i tanti soldi spesi per accontentarlo. Una situazione dura per chi deve quasi ripartire da zero, visti i profondi cambiamenti della rosa e del gioco che si vuole praticare.
Il secondo è "paura del cambiamento" ed è quella di cui soffrono i giocatori che si trovano catapultati in massa da altre squadre o addirittura altri campionati. Nonché quelli che già c'erano con Allegri, che ora si vedono costretti ad abbandonare vecchie filosofie per abbracciare una new wave che ancora non capiscono a fondo.
Il terzo è "bassa autostima". E questa può essere causata dall'allenatore, che con scelte all'apparenza punitive inficia la sicurezza degli stessi giocatori. Ad esempio, "punire" Cambiaso per due errori e relegarlo a riserva quando era stato fin lì uno dei migliori, punire costantemente Vlahovic con le sostituzioni, relegare in panchina a ruolo quasi di mascotte Douglas Luiz, umiliandolo a entrare in campo solo negli ultimi minuti a risultato compromesso. Ma potremmo andare avanti a lungo.
Di questa situazione si possono evidenziare i colpevoli che sono, come sempre in questi casi, tutti: società, allenatore e giocatori.
Società
In una situazione di crisi una società fa quadrato per proteggere l'allenatore e i giocatori, ma al contempo li mette anche di fronte alle proprie responsabilità con discorsi e decisioni forti. Al di fuori del plenipotenziario Giuntoli, la Juventus ha nell'organigramma persone che non hanno un background calcistico come l'ad Scanavino o il presidente Ferrero, due amministratori privi del potere e della personalità per farsi sentire.
Lo stesso Giuntoli, dopo la voce grossa fatta in estate quando bisognava eliminare gli esuberi, si limita ora a a rispondere a qualche domanda sul mercato prima delle partite, ma non mette mai la faccia nel post partita. Insomma, Motta dopo essere stato tanto caldeggiato e scelto non sembra protetto abbastanza, forse perché anche chi l'ha voluto inizia ad avere qualche dubbio.
Parlando di Giuntoli, è normale che per giustificare i risultati, si inizino anche a fare le pulci al mercato, e quindi puntare il dito su chi ha fatto certe scelte. Ci sarà sicuramente chi non considererà adeguati i giocatori, ma sembra un modo per trovare un colpevole dove non c'è.
Sono arrivati giocatori oggettivamente buoni, anche se strapagati come nel caso di Koopmeiners, su cui si è accontentata l'Atalanta con una valutazione fuori mercato. Al netto di prestazioni e costi però l'olandese viene da campionati eccellenti, Douglas Luiz era un titolare di livello nell'Aston Villa, Nico Gonzalez era il giocatore di punta della Fiorentina, e via di seguito. Quindi il problema non risiede nei giocatori scelti. Almeno non nelle loro qualità tecniche.
Allenatore
Thiago Motta è probabilmente quello che in questa situazione ha più colpe, e che sarà sacrificato sull'altare come capro espiatorio in caso di fallimento. Come scusante, al di là di qualche infortunio pesante, ha anche il fatto che per un nuovo progetto ci vuole tempo, ma francamente ci si aspettava qualcosa di più al giro di boa. Dopotutto è stato fatto un mercato faraonico seguendo le sue indicazioni, gli è stato dato quasi tutto ciò che voleva, Calafiori a parte, e sono stati fatti sacrifici economici per arrivare all'irrinunciabile (per lui) Koopmeiners. Ma con questo materiale a disposizione non è riuscito ancora a dare un gioco chiaro alla squadra né a raggiungere risultati.
Il tecnico brasiliano si è fossilizzato sulle sue scelte, ha dimostrato di essere poco malleabile e poco incline a riconoscere gli errori, soprattutto a imparare da questi. Insistere su Koopmeiners provandolo fuori ruolo come trequartista o addirittura seconda punta come ieri è evidenza di confusione di idee. È come se, conscio di non poter rinunciare all'acquisto strapagato, stesse cercando disperatamente una posizione in cui farlo rendere. Questo a discapito di altri, come ad esempio Douglas Luiz, a cui invece di possibilità ne sono state date sicuramente meno.

L'errore marchiano di Locatelli che ha causato il calcio di rigore per l'1-1 del Milan, è frutto anche di poca lucidità, ed è comprensibile visto che finora le ha giocate praticamente tutte. Eppure Motta con il ritorno dagli infortuni di Douglas Luiz, con Fagioli a disposizione o magari con altri accorgimenti tattici, ad esempio spostando Koopmeiners a centrocampo (che sarebbe anche la sua posizione) le soluzioni per un turnover le avrebbe.
Sono anche incomprensibili certe sostituzioni che finiscono per uccidere il morale dei giocatori, oltre a confonderli e inficiarne l'autostima. Aveva senso sostituire Vlahovic che è l'unica vera punta ieri sull'1-0 consentendo così al Milan di alzare il baricentro? Aveva senso sostituire Mbangula per alzare McKennie? E ancora, ha senso utilizzare Koopmeiners quasi come seconda punta quando hai Yildiz o Nico Gonzalez per quella posizione? Insomma, pur senza avere la presunzione di capirne più di Motta, certe soluzioni sono difficili da comprendere.

La "colpa" principale di Motta non è però sul piano tattico ma psicologico. Questa squadra non ha mentalità. Come diceva anche ieri Alessio Tacchinardi negli studi di Canale 5, manca della voglia di "azzannare la partita", anzi nel finale si fa riprendere per errori di disattenzione, tanto che abbiamo parlato prima di "autosabotaggio".
La mentalità però è qualcosa che deve dare l'allenatore. Può essere aiutato dalla personalità dei singoli giocatori, ma la la "fame" e la voglia di vincere devono essere inculcate dall'allenatore. Invece Motta, al contrario di un Conte ad esempio, sembra più interessato al bel gioco. "Non ho l'ossessione di vincere", ha chiaramente detto nell'intervista pre partita, suscitando imbarazzo tra i tifosi.
Giocatori
Se la mentalità è compito dell'allenatore, è vero che le squadre vincenti hanno leader, giocatori di personalità ed esperienza che possono indicare la via ai compagni nel momento del bisogno. Nella Juve non ce ne sono.
A gennaio se ne va anche il capitano Danilo, che ha già ceduto la fascia a Locatelli, un giocatore che tra l'altro non si è mai distinto per personalità. Difficile pensare che ora possa diventare il leader, così com'è difficile trovare questa caratteristica negli altri giocatori della squadra.
Di fatto, non si tratta di vere e proprie colpe dei giocatori, ma di carateristiche che mancano. Anche se va detto che a parte qualche eccezione come Conceicao o Kalulu, che ultimamente sembrano comunque involuti, gli altri arrivati e strapagati non stanno rendendo secondo le aspettative. Così come continua a rendere poco Vlahovic che, pur segnando, continua a sbagliare gol imperdonabili. Performance che cozzano parecchio con i 12 milioni di euro annui di stipendio che prende ora.

Se si può fare un appunto al mercato, è che forse operando si sono guardate le qualità tecniche e meno quelle caratteriali. Si sono spesi tanti soldi ma non sono arrivati leader, capitani di altre squadre, nazionali inamovibili. La Juventus è una squadra giovane che manca di una vecchia guardia vincente, ma anche di uomini di personalità ed esperienza che magari hanno già vissuto quelle situazioni e possono aiutare i compagni a superarle con parole forti, discorsi giusti nello spogliatoio, atteggiamenti in campo. La stessa inesperienza che contraddistingue Thiago Motta come allenatore.
Ecco perché, pur continuando a considerare Motta un allenatore con grandi potenzialità, potrebbe essere ora complicato trovare una via d'uscita.
