La Juventus riparte da Igor Tudor. Come vi avevamo anticipato, Thiago Motta aveva finito il credito residuo non tanto per una questione di risultati, sicuramente non all'altezza del mercato estivo e delle aspettative della società bianconera, quanto per le dinamiche che si erano create nello spogliatoio, con giocatori demotivati (Koopmeiners), fatti giocare fuori posizione (Yildiz, Nico Gonzalez), "ostracizzati" (Vlahovic) o dimenticati (Douglas Luiz). Nemmeno a farlo apposta, i più pregiati della rosa.
La mancata reazione dopo il ko interno con l'Atalanta era sembrata la cartina tornasole di una squadra alla deriva che aveva bisogno di nuove sicurezze e nuovi stimoli. Ecco quindi che l'arrivo di Tudor, specialista nei subentri per raggiungere gli obiettivi, è stato visto come un toccasana per una squadra malata.
L'identità bianconera
Tudor porta in dote il carattere, quel carattere da ex, che alla Juve è mancato completamente nella gestione Motta, soprattutto negli ultimi tempi. Il croato è anche l'ennesima dimostrazione che la Juventus deve abbandonare fantasia da tiki-taka guardioleschi per non snaturarsi, non snaturare quel carattere da nobile che sa essere umile sul campo, che sa vincere le partite con sudore e grinta prima ancora che con il gioco.
Dopotutto la storia bianconera parla da sola: ogni volta che ha provato a creare un nuovo progetto basato sull'estetica del gioco ha fallito: dal Maifredi della gestione Montezemolo a Motta passando per l'attitudine offensiva di Ferrara e Pirlo. L'unico che è riuscito in parte a salvare i risultati, ma non se stesso, è stato Sarri, comunque con un gioco lontano da quel "Sarriball" che aveva incantato Napoli, più mirato al sodo, all'efficacia. Un Sarri molto piemontese.
Il progetto
Con buona pace degli opinionisti televisivi amanti degli arabeschi, la Juventus cancella così il "fantasioso" (cit. Danilo) progetto Motta con una sgraziata strisciata di pennarello per ritrovare se stessa, e il tempo dirà se avrà avuto ragione. È evidente però che si tratta del fallimento di un progetto, un progetto che prima ancora del nome di Motta porta quello di Giuntoli, che l'ha scelto come allenatore facendogli un mercato su misura, accettando anche follie economiche come quelle che hanno portato all'arrivo di Teun Koopmeiners, l'uomo a cui - secondo Motta - non si poteva rinunciare.
Con una fede quasi cieca nel progetto, Giuntoli ha impostato il mercato ad hoc per il modulo del tecnico italo-brasiliano, riempiendo la rosa di ali, riducendo al minimo indispensabile il numero di punte e prevedendo la difesa con una linea a quattro. Tutte scelte fatte su misura che però ora ci azzeccano poco, pochissimo, con Tudor, che predilige una difesa a tre e non ha bisogno di ali, piuttosto di "braccetti", per usare un termine in voga oggi.
Capri espiatori
Magari il problema sarà di poco conto perché il tecnico croato resterà in panchina solo fino a quest'estate, ma il fallimento del progetto resta ed è innegabile. Peraltro Giuntoli in due anni è riuscito già a far fuori due tecnici, anche se uno tecnicamente si è autoeliminato, non il massimo per quello che doveva essere il "nuovo Marotta" bianconero.
Soprattuto però pesano sull'analisi del suo operato oltre agli acquisti al momento deludenti, cessioni forse troppo frettolose e a buon mercato de "la meglio gioventù" bianconera: pensiamo a Huijsen che è esploso in Inghilterra, a Soulé che sta trovando la sua dimensione a Roma, a Fagioli rinato con la Fiorentina o a Kean diventato un goleador, a Miretti che si sta mettendo in evidenza al Genoa, anche se nel suo caso si tratta solo di prestito.
Insomma, c'è da credere che quando si tireranno le somme a fine anno, e indipendentemente dal quarto posto raggiunto o meno, la scheda di Giuntoli avrà qualche notta in rosso sulla scrivania di John Elkann. L "anno zero" bianconero, come l'aveva definito il proprietario della Juventus, è iniziato a malissimo e di questo sono responsabili tutti. Come sempre in questo caso però qualche capro espiatorio bisogna trovarlo. Uno è già venuto fuori, ma l'impressione è che non sarà l'unico.
