Non ditegli che è il calciatore più importante della storia del calcio italiano perché a lui non interessano le medaglie che non ha vinto sul campo. Eppure, Dino Zoff è uno dei miti più iconici non solo del pallone nostrano, ma anche di quello mondiale.
"No, non potrei mai dire di me una cosa del genere. Diciamo che sono l'unico ad aver vinto un Europeo e un Mondiale e, quindi, che ho fatto la mia parte. E questo mi rende molto contento", ammette il leader silenzioso dell'Italia campione del mondo in Spagna nel 1982.
Assieme a Gentile, Cabrini e Scirea ha segnato un'epoca, formando uno dei blocchi difensivi più forti e riconoscibili di tutti i tempi. Nel 1973, sfiorò addirittura il Pallone d'Oro, classificandosi al secondo posto, solo alle spalle di un certo Johan Cruijff che lo aveva battuto, a Belgrado, nella finale della Coppa dei Campioni di quell'anno.
In Nazionale, Zoff, non ci ha solo giocato, ma l'ha anche allenata portandola a pochi secondi dal titolo europeo nel 2000. Idolo indiscusso della storia della Juventus (con cui ha un lunghissimo palmarés di titoli), l'ex numero uno ha difeso anche la porta del Napoli, oltre ad allenare Simone Inzaghi ai tempi della Lazio.
Alla vigilia del derby d'Italia e di Lazio-Napoli, il grande capitano dell'Italia del pallone ha analizzato assieme a Diretta News non solo i due big match della 25esima giornata, ma anche le sempre più ricorrenti polemiche legate al Var.

E menomale che il Var doveva essere la soluzione a tutti i problemi...
"Non mi piace per nulla perché se ne fa un uso esagerato. È fiscalissimo e, quindi, vengono fischiati rigori e dati cartellini rossi per cose da niente. Nelle valutazioni oggettive, come può essere un fuorigioco o capire se la palla ha superato o meno la linea, è affidabile mentre, per quanto riguarda il resto, lo limiterei alle cose eclatanti, come le azioni che l'arbitro non vede. Non possono intervenire su ogni piccolo dettaglio, dovrebbe essere l'arbitro di campo a chiederne l'intervento".
Il Var a chiamata potrebbe essere la soluzione?
"Ma chi lo chiama poi? L'allenatore che non vede niente dalla panchina? Credo che si debba adoperare meno, perché in fondo il calcio è un gioco di contatto e non sempre un contatto può determinare una punizione o un cartellino. Rimettiamo al centro l'arbitro, la sua valutazione dev'essere importante".

E mentre tutti intorno fanno rumore, il prossimo fine settimana arriva la partita madre di tutte le polemiche, Juventus-Inter.
"Da noi ci sono e ci saranno sempre le polemiche. Si credeva che il Var potesse mettere la parola fine e, invece, la situazione è addirittura peggiorata".
Che ricordi ha del derby d'Italia, continua a essere la gara più affascinante del calcio italiano?
"Rimangono sempre le due squadre che vanno per la maggiore. L'Inter ha vinto il campionato lo scorso anno e lotterà fino alla fine anche questa stagione. E anche la Juventus è in crescita. Sì, resta sempre la partita di cartello per eccellenza".
Ai suoi tempi, la Juve partiva quasi sempre favorita. Da qualche tempo non è più così.
"Sì, è vero. Ma è anche vero che pure io ho preso tanti di quei gol a San Siro (ride, ndr)... Da qualche anno, invece, è l'Inter a partire con i favori del pronostico. Detto questo, le partite bisogna vincerle in campo".
Ha allenato Simone Inzaghi alla Lazio: avrebbe mai immaginato che in panchina sarebbe stato più bravo che in campo?
"Beh sì, perché è stato sempre un ragazzo a modo e molto intelligente. Uno che cercava sempre di imparare, sotto tutti gli aspetti. Era un gran bel professionista da calciatore e da allenatore sta facendo altrettanto bene".
L'Inter ha avuto pazienza con lui, confermandolo anche dopo aver perso uno scudetto che tutti consideravano vinto.
"Nel calcio la pazienza è importante perché ci sono sempre dei periodi in cui non si riesce a fare risultato. Ma è proprio in quei momenti che devi avere la convinzione di poter cambiare la tendenza. Anche la pazienza, però, deve avere un limite".
Si riferisce a Thiago Motta?
"No, assolutamente. Sono convinto, anzi, che abbia bisogno di un altro po' di tempo perché la sua è una squadra giovane, con tanti giocatori nuovi. Sinora, in campo internazionale ha fatto abbastanza bene, mentre in campionato ha collezionato qualche pareggio di troppo".

La Juve sta provando a ripartire a livello istituzionale, prim'ancora che sportivo, è sulla buona strada?
"Credo proprio di sì. Alla lunga, la tradizione verrà fuori, ma mi sembra che abbiano già imboccato la strada giusta".
Passiamo all'altro big match del fine settimana: Lazio-Napoli. Con Antonio Conte gli azzurri sono tornati in alto, possono arrivare fino in fondo?
"Credo che l'Inter abbia una rosa di giocatori molto importante, mentre il Napoli, sotto questo aspetto, ha qualcosa in meno. Detto questo, mi piace tantissimo lo stile di Conte. Ci voleva davvero uno in grado di dare una svolta dopo la bruttissima stagione passata".

Nei due precedenti stagionali, però, ad avere la meglio è stato lo stile più frizzante di Marco Baroni.
"Fino a qualche tempo fa, la Lazio era pericolosissima in contropiede, mentre ora gioca un calcio più totale. Ma anche questa è una partita aperta, da giocare in campo e credo che possa succedere di tutto".
Quale deve essere l'obiettivo prioritario della Lazio?
"In campionato, l'obiettivo minimo dev'essere un piazzamento europeo e tanto meglio se, alla fine, si tratterà di una piazza Champions. In Europa League, invece, ha fatto benissimo riuscendo a chiudere in testa alla classifica del girone unico ed è per questo che sono convinto che potrà sicuramente dire la sua fino alla fine".
