Il ricordo amaro del ko al Maradona sembra già lontano per l’Inter di Cristian Chivu, ma i segnali non sono tutti rassicuranti. A Verona, i nerazzurri conquistano tre punti fondamentali solo nel finale, aggrappandosi a un’autorete di Frese, e si riportano a una sola lunghezza dalla vetta, ancora nelle mani del Napoli, in attesa di conoscere l’esito della sfida tra Milan e Roma.
L’Inter parte con la convinzione di voler dominare la partita: Zielinski illumina subito con un destro preciso e chirurgico, che sembra poter spianare la strada a una giornata serena per Chivu. Ma il ritmo cala, la squadra perde intensità, e l’Hellas non solo resiste, ma prende coraggio, rendendo il Bentegodi un campo inospitale per i nerazzurri.
E allora arriva Giovane, che firma il pareggio con un diagonale perfetto: un lampo di talento che fa esplodere lo stadio. L’Inter, pur soffrendo, non molla e cerca disperatamente il colpo vincente, che arriva solo nel recupero grazie a un autogol beffardo di Frese.
Illusione nerazzurra
L’avvio è tutto gialloblù. Nemmeno il tempo di prendere le misure e Bisseck commette una leggerezza sanguinosa: Giovane ruba palla, punta deciso verso la porta e calcia, ma il suo destro si perde sull’esterno della rete. Un brivido immediato per Sommer e una dichiarazione d’intenti chiara del Verona, che non ha alcuna intenzione di fare da comparsa.
L’Inter reagisce da grande squadra. Al 4’, Zielinski incrocia di sinistro dal limite, costringendo Montipò al primo vero intervento del pomeriggio. I nerazzurri alzano il baricentro, prendono il controllo del gioco e iniziano a muovere palla con pazienza. Tre minuti più tardi, Lautaro viene pescato con i tempi perfetti da Sucic: tocco morbido, pallonetto d’autore, ma Nelsson salva sulla linea. Azione da applausi, anche se il guardalinee, in ritardo, ferma tutto per fuorigioco.
Il gol, però, è nell’aria, e al 16’ arriva la gemma che sblocca la gara. Calhanoglu batte corto un corner, la palla rotola verso Zielinski, che colpisce di prima intenzione: piattone destro, coordinazione perfetta e traiettoria chirurgica sotto l’incrocio. Un gol da manuale, il primo del polacco in maglia nerazzurra dopo oltre un anno, proprio alla sua prima da titolare in questa Serie A.
Il Verona incassa ma non molla. Nonostante il predominio territoriale dell’Inter, la squadra di Zanetti resta pienamente dentro la partita, con orgoglio e personalità, e nei minuti successivi sente che è il momento di alzare i giri. Al 29’ Frese ci prova di testa su corner, ma Sommer blocca sicuro. Poi, al 39’, Orban si ritrova davanti alla porta ma è in offside: un semplice preludio.
Un minuto dopo, infatti, il Bentegodi esplode. Orban addomestica palla con eleganza, alza la testa e serve un filtrante perfetto per Giovane: controllo, sterzata su Bastoni e destro violento che si infila all’incrocio. Sommer può solo guardare. È l’1-1, un pareggio pienamente meritato.

La partita s’infiamma anche sul piano emotivo. Orban, travolto dall’adrenalina, si lascia andare a un gesto liberatorio calciando un pallone vicino alla panchina interista: Kolarov (vice di Chivu) reagisce, nasce un parapiglia, e Doveri lo ammonisce. Ma il numero 16 dell’Hellas è ormai in trance agonistica e lo dimostra nel recupero: al 45+3’ si avventa su un cross teso di Belghali e, con un tocco preciso, colpisce in pieno il palo. Il Bentegodi trattiene il fiato, l’Inter tira un sospiro di sollievo.
Chivu si affida alla panchina, Bisseck rischia il rosso
Dopo una reazione inaspettata dell’Hellas e una gestione del vantaggio tutt’altro che impeccabile, l’Inter rientra dagli spogliatoi con un messaggio chiaro: serve ritrovare ritmo, lucidità e personalità. Chivu non perde tempo e rivoluziona l’assetto con tre cambi pesanti: dentro Barella, Dumfries e Pio Esposito, fuori un esausto Zielinski insieme agli opachi Bonny e Luis Henrique. Subito dopo, dentro anche Dimarco al posto di Carlos Augusto.
È una scossa doppia, tecnica e mentale, quella che il tecnico nerazzurro prova a dare ai suoi. E infatti l’Inter cambia marcia: il palleggio torna più fluido, la spinta sulle fasce aumenta, e la squadra inizia ad affacciarsi con maggiore continuità nell’area del Verona. Quel che però continua a mancare è l’intensità, quella velocità di manovra che nei primi 20 minuti di gara aveva tenuto a bada gli scaligeri.
E proprio da un pallone gestito con troppa leggerezza nasce il primo brivido del secondo tempo. Bastoni cerca un appoggio orizzontale, ma il passaggio è lento e impreciso: Bisseck, ultimo uomo, viene anticipato da un velocissimo Giovane, che s’invola verso la porta. Il brasiliano punta dritto, ma il suo controllo lo porta verso l’esterno. Doveri valuta che non ci sia una chiara occasione da rete e si limita all’ammonizione. Sospiro di sollievo per l’Inter, che per qualche secondo ha visto lo spettro dell’inferno calcistico.
Superato il rischio, i nerazzurri riprendono possesso della metà campo avversaria e tornano a costruire, pur faticando su un terreno che col passare dei minuti diventa sempre più pesante e psicologicamente ostile. Il Verona difende con ordine, concede pochissimo e prova a colpire in ripartenza, spinto da un pubblico che non smette di crederci.

Al 74’ arriva l’occasione più nitida della ripresa per gli ospiti: Dimarco, entrato con la solita fame e precisione, raccoglie una palla vagante in area e calcia di sinistro con forza e precisione. Montipò si distende e respinge, salvando ancora una volta l’Hellas.
Vittoria in extremis
Negli ultimi minuti l'Inter insiste, cerca il gol con determinazione, e trova la luce… in maniera rocambolesca.
Barella crossa dalla destra, la palla attraversa l’area e trova l’ultimo tocco di Frese, che infila la propria porta. Gol beffa, vittoria in extremis: i tre punti volano a Milano.
