Il 5 ottobre del 2015 la Fiorentina si risvegliò in vetta. Guidata in panchina da Paulo Sousa, la Viola aveva due punti di vantaggio proprio sull'Inter che, domenica pomeriggio, visiterà il Franchi nel big match della 14esima giornata di Serie A, in una sfida che potrebbe finire per decidere la nuova capolista.
Una sensazione unica che la Fiorentina potrebbe provare di nuovo martedì prossimo. E già, perché se De Gea e compagni riusciranno a battere i campioni d'Italia in carica e, parallelamente, le altre rivali non dovessero andare oltre il pareggio nei loro rispettivi incontri (Torino-Napoli, Parma-Lazio e Roma-Atalanta), Firenze tornerebbe in testa alla classifica di A in solitaria.

Sì, Firenze. Tutta la città. Una piazza che Raffaele Palladino non perde l'occasione di definire "meravigliosa", ma che è anche molto esigente. Troppo. Lo stesso allenatore campano lo sa bene. Dopo aver iniziato la stagione con tre pareggi e una sconfitta contro il proprio maestro, Gian Piero Gasperini, la diffidenza iniziale si è, infatti, trasformata in mugugno palese.
La reazione
Erano in parecchi, infatti, a pensare che Palladino non avesse l'esperienza necessaria per permettere alla squadra lasciata da Vincenzo Italiano di compiere un ulteriore passo in avanti. Insomma, da una squadra che arriva in finale a una che vince titoli.
Lui, però, non si è scomposto. Mai una parola fuoriposto, riuscendo a gestire la pressione come il più veterano dei tecnici, affidando la risposta al campo. Ebbene, la Fiorentina arriva alla supersfida di domenica reduce da sette vittorie consecutive. Non accadeva dal 1969, ma in quel caso a cavallo tra due stagioni diverse. E, in ogni caso, stiamo parlando della Fiorentina campione d'Italia di Bruno Pesaola e Picchio De Sisti.

"C'è un'unione e la consapevolezza che si attacca e si difende assieme, si è creato qualcosa di meraviglioso", ha ammesso Palaldino dopo il trionfo conquistato lo scorso fine settimana a Como. Soffrendo, un aspetto che rende la Fiorentina ancora più pericolosa, perché vincere pur non giocando al massimo (combinazione che si è ripetuta anche giovedì scorso in Conference) è una qualità che hanno solo le grandi squadre.
Soffrire e resistere
Non a caso, ce l'ha anche l'Inter che, quest'anno, soprattutto in Champions League (mentre in campionato è stata più ballerina), ha fatto capire di poter essere davvero solida, ma solo se lo mette in testa.
I 13 punti conquistati nei primi cinque turni della massima competizione europea - segnando appena 7 reti, ma non prendendone nemmeno uno - sono lì a dimostrare che nell'arte di soffrire e resistere, la squadra di Simone Inzaghi non è seconda a nessuno.

Ora, però, è arrivato il momento di cambiare marcia anche in campionato, se l'intenzione di capitan Lautaro e compagni è quella di imporre la propria egemonia sul calcio italiano, dimostrando che il trionfo in scioltezza che ha portato la scorsa stagione alla seconda stella fosse soltanto l'inizio di qualcosa di più grande.
Sfida nella sfida
Una delle sfide nella sfida più interessante dell'incontro è senza dubbio quella tra i due tecnici. Simone contro Raffaele: due allenatori moderni che non hanno rinnegato la predilezione della scuola italiana per la solidità difensiva, ma che hanno deciso di esplorare nuovi orizzonti in maniera da dotare le proprie squadre di più opzioni nell'ultimo terzo di campo.
E se della difesa dell'Inter abbiamo già parlato, per quanto riguarda la Fiorentina potrebbe bastare il fatto che soltanto Michele Di Gregorio e Alex Meret hanno incassato meno gol di David De Gea che, partita dopo partita, si è rivelato un vero e proprio leader.
Si potrebbe dire che, a differenza di Inzaghi e del suo 3-5-2 d'ordinanza, Palladino non abbia un modulo feticcio al quale affidare le sorti della propria squadra e che, quindi, sia un tecnico più liquido. In realtà, però, anche nel caso dell'allenatore campione d'Italia, il modulo è soltanto una convenzione, soprattutto in fase offensiva dove, solo per fare un esempio, i due centrali esterni si comportano da ali.
E così, sarà molto interessante capire se Palladino deciderà di confermare la linea di quattro difensori per arginare la superiorità numerica creata dai cosiddetti "braccetti" nerazzurri o se, invece, tornerà alla difesa a tre che non ha mai smesso di provare in allenamento proprio per dare più opzioni, magari a partita in corso, alla propria squadra.