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Esclusiva, Kumbulla: “La Conference vinta con la Roma il top, salvare l’Espanyol è come un titolo"

Kumbulla con la maglia dell'Espanyol
Kumbulla con la maglia dell'EspanyolJoan Valls/Urbanandsport /NurPhoto/AFP
Il difensore della squadra catalana sta vivendo la sua miglior stagione di sempre, anche dal punto di vista realizzativo. In prestito dalla Roma, si concede a Diretta/Flashscore in esclusiva per parlare del suo momento in Liga, dove la sua formazione italiana lo ha aiutato per rendere al meglio. Contento dell’esperienza iberica, ha adesso come unico obiettivo quello di mantenere la sua squadra in prima divisione, iniziando dalla sfida contro un attaccante che stima moltissimo…

A 25 anni, c’è ancora tempo per crescere a livello calcistico. E Marash Kumbulla lo sta dimostrando nella sua prima stagione lontano dall’Italia. Arrivato all’Espanyol l’estate scorsa, il centrale appartenente alla Roma ha ammesso di non averci pensato su, scommettendo subito su un’esperienza in Liga. Autore di due reti nel campionato attuale, suo miglior bottino di sempre, è una delle colonne della squadra catalana che questo weekend sfida l’Atletico Madrid, oggi terzo in classifica. E al di là del sogno di un Mondiale con la sua Albania, oggi lotta per una salvezza che per lui sarebbe come un trofeo vero e proprio.

Nell’estate scorsa sei passato dalla Roma all’Espanyol, seppur in prestito. Come si è realizzata quest’operazione?

Mi hanno cercato sia il direttore sportivo sia il mister qui all’Espanyol. Avevo tanta voglia di giocare e di trovare continuità e costanza. Dalla telefonata che ho ricevuto ho sentito tanta fiducia. E l’avventura spagnola sta andando bene, sono molto contento della scelta che ho fatto. Sono in un campionato bello che è visto da tutto il mondo, con squadre molto forti.

Che differenze trovi con la Serie A?

Che anche nelle squadre meno blasonate ci sono giocatori importanti. Si vede anche dalla zona retrocessione, dai punti che hanno adesso le squadre che lottano per non retrocedere. È un campionato complicato. 

Essendo un campionato meno tattico, ne hai tratto beneficio venendo dalla Serie A?

Sicuramente è un torneo meno tattico, ma ci sono giocatori più tecnici e più veloci. Ho tratto beneficio dal background italiano, soprattutto a livello di posizionamento e posture del corpo. Qui poi si gioca molto partendo dal basso.

Le statistiche con l'Espanyol
Le statistiche con l'EspanyolFlashscore

L’avevi mai fatta in carriera la costruzione dal basso?

In Italia soltanto con Fonseca, perché lui chiedeva molto di partire dal portiere o dalle zone più basse vicino alla nostra porta. Con gli altri mister si badava più al sodo. Ossia, se si poteva giocare il pallone ci si provava, ma altrimenti non si andava troppo per il sottile e si faceva un bel lancio sull’attaccante (ride).

Con lo spagnolo come va?

Beh direi abbastanza bene. Con i compagni parlo tranquillamente, poi ovviamente se devo fare conferenze stampa o altro ho più difficoltà, però a comunicare con i compagni non ho nessun tipo di problema.

Quest’anno hai fatto anche due gol, record tuo stagionale. E per di più un gol in una vittoria e uno in un pareggio, ossia due reti decisive.

Sono contento, anche perché fare più di due gol in una stessa stagione non c'ero mai riuscito. Sono un difensore ma ovviamente mi piace anche segnare. In altri anni, tra infortuni o il fatto di giocare poco, non ho mai avuto così tante possibilità di andare in gol. Spero di farne qualcuno ancora da qui alla fine del campionato.

Magari proprio contro l’Atletico Madrid?

(Sorride) Non sarebbe male. 

Tra l'altro contro Oblak, che è un portierone. 

Sì, secondo me è uno dei portieri più forti che ci sono in Europa. In Liga lo metto dietro solo a Courtois, però devo dire che il nostro portiere, Joan Garcia, è davvero incredibile. Ne ho visti pochi così forti in carriera. Anche nell'allenamento ti fa andare fuori di testa. Per me ha tutto: fisicità, sa giocare con i piedi, sembra impossibile fargli gol. Secondo me avrà un gran futuro. 

Il match di domani
Il match di domaniFlashscore

Contro l’Atletico, terzo in classifica, sarà tosta.

Già all’andata al Metropolitano è stata durissima. E nonostante siamo riusciti a portare via un punto. Ma mi ricordo che i primi 20 minuti sono stati i miei primi 20 minuti più difficili a livello collettivo. Ogni minuto arrivavano in tromba e creavano un'occasione. Dobbiamo ringraziare anche il nostro portiere se siamo riusciti a mantenere il risultato sullo 0-0.

Tra i Colchoneros gioca De Paul, con il quale ti sei sfidato anche in Italia, e poi dovrai vedertela con Julian Alvarez, che ha appena segnato al Brasile…

De Paul  è campione del mondo, è un giocatore che fa la differenza. Poi mi piace perché ha anche molta personalità, si fa dare la palla, cerca sempre l'ultimo passaggio, magari anche il passaggio più difficile, ma con la sua tecnica si districa molto bene. E Julian è uno degli attaccanti che vorrei sempre avere in squadra. Corre veramente tanto, è fastidioso per i difensori, è veloce, tecnico, sa anche legare il gioco, sarà durissima contro di lui.

Quest’anno hai già avuto a che fare con MbappéLamine Yamal

Mbappé adesso sta migliorando anche dal punto di vista tattico. Lui è sempre stato un esterno, invece adesso sta facendo l'attaccante centrale. A parte i primi mesi in cui ha avuto un po' di difficoltà, ora si è sbloccato. Ma era inevitabile, è troppo forte. Ha una velocità incredibile, tecnica, tiro, dribbling, insomma ha tutto. Non per niente gioca al Real Madrid.  Lamine invece l’ho affrontato poco  perché giocava dall'altra parte rispetto alla mia. Però, se ci pensi, è impressionante per avere 17 anni. Tecnicamente è forte, ha un dribbling incredibile, riesce sempre a saltar l'uomo. E poi ha anche un ottimo tiro.

Ti ha stupito qualcuno in particolare in questa prima parte di avventura spagnola? 

Ti direi proprio Sorloth, del quale non si parla tanto. Ma quando ci ho giocato tanto ho notato che fisicamente è un armadio. Con uno come lui bisogna cercare l’anticipo e provare a leggere le sue giocate, ma cercherò ovviamente di entrare forte anch’io. E poi in area va marcato bello stretto, perché è alto e forte.

In questo credi che la tua formazione italiana ti aiuti rispetto agli spagnoli nella marcatura negli ultimi dieci metri? 

Ti direi proprio di sì, ma non solo negli ultimi metri bensì anche a metà campo. Questo perché dal mio punto di vista in Italia siamo molto più avanti a livello tattico rispetto a tutti. E questo mi ha aiutato molto, perché leggi prima in anticipo le giocate e magari puoi sopperire alla velocità di questi giocatori.

Contro Mbappé hai persino vinto. Che ricordi hai di quell’1-0 del primo febbraio scorso contro i Blancos?

Che è stata una vittoria incredibile. Abbiamo segnato all’86esimo e quegli ultimi minuti sono durati tantissimo, anche perché fino a quando l’arbitro non fischia il Real è sempre vivo. Ed è stata una vittoria che ci ha dato molta spinta emotiva nella lotta alla salvezza. 

Potrebbe essere una vittoria che vale quasi una stagione. Però, per renderla “ufficiale” bisogna raggiungere l’obiettivo salvezza.

È proprio così. Anche perché quando vedi che una squadra che vuole evitare la retrocessione sfidare Real, Atletico o Barcellona pensi che al 90% finirà col perdere, e quindi questi tre punti ti danno qualcosa di più a livello morale. 

Quel trionfo è stata la partita più importante della tua carriera?

Sicuramente è nella top cinque perché aver vinto contro quei giocatori, contro il Real Madrid, non penso capiti sempre.

E la finale di Conference League vinta con la Roma nella ‘tua’ Tirana?

Anche quella ovviamente. Lì poi c’era tutto un paese che tifava per noi anche perché c’ero io. Vincere un trofeo con la Roma a Tirana, penso non ci sarebbe potuto essere nulla di meglio per me. E anche il giorno dopo è stato spettacolare con quei festeggiamenti a Roma.

Le parole di Kumbulla
Le parole di KumbullaGiuseppe Maffia/NurPhoto/AFP/Stats Perform

Alla Roma non è andata benissimo anche per via del grave infortunio al ginocchio. Come ne sei uscito?

La mia famiglia mi ha aiutato molto, standomi vicino. Poi  mi sono fatto aiutare da uno specialista, un mental coach, che mi ha permesso di andare oltre il primo ostacolo, ossia il primo mese, nel quale dovevo metabolizzare l'infortunio e tutto il resto. Poi anche alcuni miei compagni, come Spinazzola o Karsdorp, che hanno anche loro subito questo infortunio, mi hanno sostenuto dicendomi di prepararmi mentalmente a quello che poteva succedere o ai fastidi che avrei avuto.

La Roma è una squadra che hai lasciato temporaneamente e nella quale potresti tornare.

Ora non ci penso più di tanto perché l'obiettivo che ho adesso è troppo più importante. Penso che dovremmo lottare fino all'ultimo per salvarci con l’Espanyol e non voglio perdere qualsiasi tipo di energia mentale. Poi a fine stagione penserò al mio futuro. 

Un futuro nel quale c’è anche il sogno del Mondiale con l’Albania?

Certo, anzi è più di un sogno. Già fare l'Europeo è stato importante, ma il mondiale è qualcosa di ancora più grande. Il gruppo di qualificazione è abbastanza difficile (Inghilterra, Serbia, Lettonia e Andorra le rivali ndr), ma ognuno di noi vuole fare di tutto per riuscire a ottenere questo grande premio.

L’esperienza di uno che ha fatto una finale mondiale come Pablo Zabaleta, secondo del commissario tecnico Sylvinho, aiuta?

Lui sicuramente è un tipo molto simpatico, ma è anche molto umile. E ha giocato anche lui all’Espanyol.

Ha fatto da ponte nella trattativa per il tuo trasferimento a Barcellona?

No, perché forse non ha avuto neanche il tempo. Ci ho messo solamente un giorno, da quando è arrivata la chiamata, a decidere. Poi, quando ci siamo rivisti per la prima volta dopo che ero arrivato all’Espanyol, mi ha detto che era contento della scelta fatta.

Sei cresciuto in Italia ma hai sempre giocato per l’Albania. Mi spieghi questa scelta?

L'Albania mi ha chiamato da subito, da quando avevo 14-15 anni, e poi ho fatto tutta la trafila, e dopo aver militato anche nell’under 21 sono passato in nazionale maggiore. Il legame con la nostra terra è fortissimo per tutti gli albanesi sparsi per l’Europa, e l’ho visto chiaramente all’ultimo Europeo l’anno scorso in Germania.

Un torneo nel quale avete debuttato contro… la ‘tua’ Italia.

Penso che a livello di tifosi ci fossero più albanesi che italiani, a dimostrazione del forte vincolo con il paese. Personalmente ero molto emozionato per la prima partita all'Europeo. E anche se purtroppo non sono riuscito a giocare comunque l'emozione era forte.

In casa con la tua famiglia hai sempre parlato albanese?

In realtà abbiamo sempre parlato un po’ un mix. Una frase poteva essere metà in albanese e metà in italiano (sorride). 

È la tua sfida più grande quella di salvare l’Espanyol?

Credo di sì, perché non ho mai lottato per la salvezza in condizioni così difficili, perché col Verona ci siamo salvati abbastanza in anticipo e con la Roma puntavamo ad altri traguardi. Lo sapevamo dall'inizio che sarebbe stato così, che si sarebbe sofferto fino alla fine. E spero che finisca nel miglior modo possibile.

La salvezza sarebbe come vincere un titolo?

Sì, sarei molto felice e orgoglioso di aver aiutato la squadra a salvarsi in condizioni più difficili rispetto al normale.

Parlando del tuo passato a Verona, hai giocato con giocatori che stanno facendo molto bene oggi. Tra tutti due che hanno vinto lo Scudetto, Rrahmani col Napoli e Dimarco con l’Inter. 

Con Rrahmani ho avuto un rapporto più stretto, anche perché lui è kosovaro e sapeva l’albanese, oltre al croato e all’inglese. E l’ho un po' aiutato all'inizio a integrarsi. Poi lui è stato bravissimo, ci ha messo due mesi a parlare l'italiano. E con lui anche in campo ci intendevamo alla perfezione, visto che non avevamo bisogno neanche di parlare o di guardarci giocando come coppia di difesa. Bastava uno sguardo per capirci ed eravamo molto connessi tra di noi.

E di Dimarco avevi notato il potenziale?

Guardandolo ti direi di sì, perché comunque tecnicamente si vedeva che era a un livello altissimo. Penso che l'abbia detto anche lui, aveva bisogno solo di sentire la fiducia e di trovare continuità, che alla fine è quello che conta più di tutto per un calciatore. 

Il tecnico di quel Verona era Ivan Juric, balcanico come te. Un tipo energico che va dritto al dunque.

Sì, è il classico balcanico che magari parla poco, però quando parla è diretto, senza giri di parole. Ovviamente sono molto legato a lui perché è il mister che mi ha fatto debuttare, mi ha fatto giocare la mia prima stagione in Serie A e io lo considero un grande allenatore. 

Alla Roma è stato sfortunato o è arrivato in un momento sbagliato? 

Entrambe le cose, visto che è arrivato dopo l’esonero di De Rossi,  qualcosa di difficile da accettare per i tifosi. E anche per il fatto che De Rossi è andato via senza un vero motivo. Poi, per me è stato anche sfortunato.

L'abbraccio tra Juric e Kumbulla
L'abbraccio tra Juric e KumbullaAlfredo Falcone / LaPresse / Profimedia

Lui ora allena il Southampton in Premier, un campionato che va per la maggiore. In passato il Leeds è stato interessato a te.

Sicuramente è il campionato che attira un po’ tutti, è il campionato più bello e dove ci sono le squadre più forti. Poi è un torneo anche molto combattuto, come puoi vedere oggi se vedi le prime dieci in classifica, mentre alcune squadre più blasonate sono più indietro. Ma, ti ripeto, adesso penso solo all'Espanyol, poi non si sa in futuro, può succedere tutto.

Per concludere, qual è il tuo compagno di squadra attuale o in passato che ti ha insegnato di più, che ti ha lasciato il miglior insegnamento calcistico?

(Senza indugiare) Miguel Veloso a Verona, perché ero giovane e non sapevo cosa aspettarmi al primo precampionato. Il mister mi faceva giocare, però succede spesso che in questa fase si alternino i giocatori. E un giorno Veloso mi prese in disparte dicendomi che dovevo stare tranquillo e continuare a lavorare come stavo facendo, perché al mister non interessava l'età, il nome o nient’altro. ‘Se te lo meriti, giochi’, mi ha detto. E questa cosa mi è rimasta in testa da quella volta e mi ha aiutato durante tutto il primo anno. E nella carriera.