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Esclusiva | Il primo allenatore di Fàbregas: "È felice a Como, vuole restare"

Cesc Fàbregas
Cesc FàbregasGABRIELE MALTINTI / GETTY IMAGES EUROPE / Getty Images via AFP
Diretta ha chiacchierato in esclusiva con Joaquim Garcia, il primo tecnico dell'attuale allenatore del Como: "Ricordo ancora quando giocava per strada e quando Wenger venne a vederlo e a parlare con la sua famiglia. Il resto è storia. Era da molto tempo che non si vedeva giocare, nel campionato italiano, una squadra così bene come lo fa il suo Como".

"Coraggioso e intelligente". Così Joaquim Garcia definisce lo stile del Como, la squadra allenata dal suo pupillo più famoso: Cesc Fàbregas. È stato lui a lanciarlo, quando aveva appena 9 anni, facendolo giocare, con la maglia dell'F.C. Arenys de Mar, con ragazzi più grandi perché era già di un altro pianeta.

"Poteva giocare ovunque", assicura il primo allenatore dell'attuale tecnico del Como in un'intervista esclusiva concessa a Diretta/Flashscore News in cui si è detto molto soddisfatto del suo lavoro: "Era da molto tempo che non si vedeva giocare nel campionato italiano una squadra che gioca bene come il Como di Cesc. Ha vissuto così tante esperienze nel calcio che sa sempre cosa fare". 

Da quanto tempo lo conosce?

"Praticamente da sempre. Da quando è nato. Ero l'allenatore di suo padre, oltre a giocare con lui, e più o meno in quello stesso periodo nacque Cesc. La nostra relazione è cominciata tanti anni fa".

Joaquim Garcia è stato ospite di Cesc Fàbregas lo scorso mese di dicembre a Como
Joaquim Garcia è stato ospite di Cesc Fàbregas lo scorso mese di dicembre a ComoFlashscore

Siete ancora in contatto?

"Certo. Lo scorso dicembre sono andato a trovarlo a Como per vedere la gara contro la Roma. E la verità è che sono stato molto contento di rivederlo e soprattutto di vederlo allenare perché è una fase nuova della sua vita professionale e logicamente c'è sempre un po' di incertezza su come andranno le cose. Ma da quello che ho visto e da quello che mi ha detto, posso dire che l'ho visto davvero molto preparato per avere successo anche in panchina".

Ricorda la prima volta che l'ha visto giocare a calcio?

"Nel nostro paese (Arenys de Mar, in provincia di Barcellona, ndr) abbiamo un'unica strada principale e quando andava a mangiare a casa di sua nonna, dopo pranzo usciva e iniziava a giocare con suo padre. Si capiva subito che aveva qualcosa di speciale. Ma questo non sarebbe bastato. Come succede spesso nel mondo del calcio, infatti, ci sono molti ragazzi che a prima vista sembrano avere qualcosa di speciale, ma poi, a causa dell'età, preferiscono fare altre cose. Lui, invece, sapeva già che avrebbe fatto il calciatore".

E, infatti, poco dopo arrivò il Barcellona

"Per qualsiasi giocatore, e specialmente per uno catalano, è un privilegio avere la possibilità di entrare alla Masia. Era un'opzione da prendere seriamente in considerazione e penso che sia lui che i suoi genitori abbiano preso la decisione giusta".

C.F. Arenys de Mar: Joaquim Garcia e Cesc Fàbregas
C.F. Arenys de Mar: Joaquim Garcia e Cesc FàbregasArchivio Joaquim Garcia

Lei in che posizione lo faceva giocare?

"In tutte quelle dal centrocampo in su".

Era il classico bimbo che giocava bene ovunque, giusto?

"Esatto. Se mi accorgevo che da un lato eravamo più deboli o mancava qualcuno lo piazzavo lì. E bisogna considerare che, quando lo allenavo, aveva due anni in meno rispetto a tutti gli altri".

Quando si trasferì a Londra pensò che stava prendendo la decisione giusta per la sua carriera?

"Ero andato a vederlo nella finale del campionato Cadetti e ho scoperto che Arsene Wenger che era già venuto a parlare con lui e la sua famiglia. Dovevano prendere una decisione e dovenano farlo sapendo che non sapevano come sarebbe andata a finire con il Barcellona. Quando ti capita un'opportunità del genere, all'inizio non sai che fare, perché tutti ti ricordano che sei al Barcellona, ​​ma direi che quello che è successo dopo e il fatto che in Inghilterra sia ancora oggi molto stimato conferma che hanno preso la decisione corretta. Personalmente, devo ammettere che all'epoca è stata un po' dura per me, ma ci ho messo poco a convincermi che è stata davvero la cosa migliore che potessero fare".

Garcia assieme a Fàbregas
Garcia assieme a FàbregasArchivio Joaquim Garcia

Anche perché è proprio con la maglia dell'Arsenal, così come con quella della nazionale, che ha fatto meglio.

"Sì. Ma anche il primo anno al Barcellona è stato molto buono. Poi, però, con il Tata Martino le cose non sono andate molto bene alla squadra e si sa che quando la squadra non funziona per i calciatori è più difficile. Ancora oggi parlare della sua avventura in Premier League lo riempie di gioia, perché si sente molto amato in Inghilterra, un Paese che gli sta molto a cuore. Anche perché è andato via di casa quando aveva 15-16 anni ed è cresciuto lì, si è fatto la sua famiglia lì. L'Inghilterra e la Premier League rappresentano due aspetti molto importanti della sua vita".

In quel momento, poi, l'Arsenal di Wenger era uno dei migliori club d'Europa.

"Mi ha raccontato di essere rimasto molto impressionato quando ha saputo che lo aveva visto giocare, anche perché stiamo parlando di un grandissimo allenatore che in quel momento stava attraversando il suo momento più dolce sulla panchina dell'Arsenal. Era molto sorpreso. Positivamente".

Andò a trovarlo anche a Londra?

"Sì, certo. Andai con suo padre e quella volta l'Arsenal perse la partita. Dopo la fine del match lo stavamo aspettando nel parcheggio perché dovevamo andare a cena, ma quando lo abbiamo visto, era così arrabbiato che abbiamo pensato 'mi sa che stasera non mangeremo' (ride, ndr). Poi, però, il suo umore è migliorato, ma mi resi subito conto di quanto non gli piacesse perdere".

Avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato allenatore?

"Desideravo che lo diventasse, ma devo dire che non ero sicuro che sarebbe successo. Poi, però, un giorno suo padre mi ha detto che aveva intenzione di provarci. Ho subito pensato che era la decisione giusta perché ha tutte le caratteristiche per fare bene".

Quale potrebbe essere il suo valore aggiunto?

"L'esperienza di aver lavorato con allenatori del calibro di Wenger, Mourinho, Guardiola, Tito Vilanova... Anche se penso che tutti gli allenatori che ha avuto lo hanno aiutato a crescere".

E lei come ha contributo?

"Forse il fatto di averlo fatto iniziare a giocare in un campionato più competitivo quando era ancora giovanissimo. Quindi il mio contribuito potrebbe essere che ho fatto in modo che andasse tutto più rapidamente di quanto sarebbe andato in condizioni normali. C'è da dire che io l'ho allenato solo un anno perché tutti hanno capito subito che era speciale e i club più importanti della zona si sono fiondati su di lui. E poi è arrivato anche il Barça...".

Il primo tesserino di Cesc Fàbregas
Il primo tesserino di Cesc FàbregasArchivio di Joaquim Garcia

Guardando il Como giocare, crede che Cesc abbia uno stile definito o che la sua filosofia sia una sintesi di quella di tutti i suoi maestri?

"Assolutamente una sintesi. Ne ho parlato anche lui e posso assicurare che non si fermerà lì, ma darà a quello che ha imparato dai suoi allenatori una sua interpretazione. Tirerà fuori il meglio dalla filosofia di ognuno di loro e gli darà una sua nuova e personale chiave di lettura. Da quello che ho visto sinora, mi sento di dire che sta già facendo giocare la sua squadra in maniera molto diversa rispetto a quello che fanno le altre squadre della Serie A".

Quando andò a trovarlo a Natale, le cose non stavano andando molto bene. Come l'ha visto?

"Era consapevole che fosse necessario rinforzare la squadra. Era ciò che più lo preoccupava in quel momento. E fortunatamente è riuscito a farlo. L'ho visto felice e fiducioso, anche se è chiaro che è ancora all'inizio e dovrà lavorare sodo".

È felice in Italia?

"Sì, l'ho visto contento. Si è organizzato bene: la casa, la scuola dei bambini... L'ho visto davvero molto felice. Anche perché fa un mestiere che è anche la sua passione. E la sua passione è il calcio oltre che la sua famiglia. E quindi, se ha tutto quello che gli piace, cosa potrebbe volere di più?".

Alcuni grandi club hanno già messo gli occhi si di lui. Qual è il suo sogno? Magari tornare all'Arsenal o al Barça...

"Non credo proprio che in questo momento stia pensando a un altro club che non sia il Como. Non ora. La sua preoccupazione principale è e resta il Como. L'ho visto molto concentrato su quello che sta facendo. Poi, è chiaro che le cose che devono arrivare, arriveranno. Ma ogni cosa a suo tempo. Ripeto: in questo momento, il suo progetto si chiama Como".

Il match di San Siro
Il match di San SiroFlashscore

Crede che restare qualche altro anno in Serie A lo aiuterebbe a migliorare dal punto di vista tattico?

"Perbacco! Rispetto a Spagna, Inghilterra, Francia e Germania, in Italia si dà particolare attenzione alla tattica. Sono, quindi, convinto che si tratti un'esperienza molto importante per la sua crescita. Perché una cosa sono i risultati e i titoli e un'altra le reali possibilità di crescere".

L'obiettivo di Cesc per quest'anno è la salvezza o le ha fatto capire che aspira a qualcosa di più?

"No, in questo primo anno dev'essere chiaramente la salvezza. Anzi, più della salvezza in sé, l'obiettivo è la tranquillità perché con la tranquillità arriva anche la salvezza. L'ho visto molto soddisfatto".

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Domani il Como va a San Siro, ospite del Milan, uno dei top team che potrebbe scommettere presto su di lui.

"È normale che le squadre che vanno male cerchino quegli allenatori che stanno facendo bene, così come accade con i calciatori. E la verità è che era da molto tempo che non si vedeva giocare, nel campionato italiano, una squadra così bene come lo fa il Como di Cesc. Ha vissuto così tante esperienze nel calcio che sa sempre cosa fare. Le decisioni importanti, però, devono essere prese senza fretta perché, altrimenti, potresti pentirtene. Ci vuole tempo e pazienza. E ripeto, in questo momento, per lui esiste solo il Como".

Tempo e pazienza non sono proprio due concetti propri del calcio moderno.

"Ha appena iniziato. Gli allenatori non si formano in fretta come i giocatori. Devono prendersi il loro tempo ed essere consapevoli che dipende tutto dai risultati. Gli allenatori bravi sono sicuramente quelli che sanno vincere, ma anche quelli che sono in grado di far giocare un bel calcio alla propria squadra, soprattutto quando i risultati non arrivano. Ma non ho dubbi sul fatto che Cesc sarebbe all'altezza dei migliori allenatori anche in un top team".

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