L'Italia si prepara, ancora una volta, per i playoff, e a guidare la riflessione sul presente e sul futuro azzurro è Gianluigi Buffon, capodelegazione e direttore sportivo della Nazionale. L’ex capitano, intervistato da la Gazzetta dello Sport, non nasconde le difficoltà attraversate dal calcio italiano, ma guarda avanti con pragmatismo e chiarezza di intenti.
"Sa qual è il problema? Vivere in due mondi che non s’incontrano. Da un lato, in virtù della nostra storia, siamo presuntuosi: pensiamo che tutto ci sia dovuto per grazia divina. Dall’altro però facciamo grandi analisi sull’evoluzione del calcio, sul fatto che non esistano più le piccole, e siamo tutti d’accordo. Ma quando queste 'piccole' ti mettono in difficoltà, oppure le batti solo 1-0, ecco che senti: 'Non si può vincere così, che vergogna...'. E dalla spocchia precipiti nella paura. Una discreta propensione al tafazzismo. Ma è così difficile trovare un equilibrio?"
Le parole di Buffon fotografano un’Italia che per troppo tempo si è adagiata sulle proprie certezze. "Paghiamo anche gli errori del passato. I risultati di oggi risalgono a venti anni fa, a quando ci siamo adagiati sulla nostra forza, su Buffon, Cannavaro, Totti. Pensando che sarebbe stato eterno per grazia ricevuta. Già allora dovevi ripensare a modelli tecnici e tattici, ma siamo stati cicale".

Ripartire dai giovani e voler bene all'Italia
Buffon, successivamente, sottolinea l’importanza di lavorare dal basso, partendo dai ragazzi tra i 7 e i 13 anni, momento in cui si formano le basi tecniche e caratteriali. "Ripartire dal basso: intendo da sette a tredici anni, quando c’è il vero imprinting. Dai quindici anni puoi sempre migliorare, però il talento si forma prima, oltre all’aiuto di madre natura che non trascurerei. Con Prandelli stiamo parlando per capire come impostare questo lavoro, ma volevamo aspettare le qualificazioni per definire il tutto. E se poi va male, ci siamo detti? Tutti via, si torna a casa, arriva uno nuovo con altre idee e magari cancella il progetto… Se si cominciano progetti così, ci vuole stabilità".
Il discorso di Buffon spazia anche sul valore del gruppo e sull’affetto necessario per i giocatori. "Autostima. convinzione. Ma c’è altro. I ragazzi vogliono anche essere apprezzati, hanno bisogno d’affetto. Di entusiasmo. Loro danno disponibilità totale. Posso fare un appello? Vogliamo bene all’Italia. Tutti".
Non mancano riflessioni sulle critiche e sul ruolo dei media. "Continuare con stupidi paragoni con il passato fa solo sentire inadeguati quelli di oggi. Con la Nazionale c’è sempre stato un gioco al massacro, lo so bene, ma cerchiamo di capire il momento storico: a chi giova?".
"Gattuso il CT giusto, la Norvegia farà strada"
La discussione si sposta poi sul CT Gattuso e sul suo approccio tattico. "Rino è il CT giusto, è la figura migliore che si potesse scegliere. E voi giornalisti lo sapete". Buffon spiega come il tecnico sappia sintetizzare idee e gestione del gruppo: "Nel senso che parlate con i giocatori più di noi dirigenti, e sapete esattamente cosa pensano di Rino. Non pensi che non ci siamo accorti che i media che ci seguono sono meno critici".
Sul recente match contro la Norvegia, Buffon non si tira indietro: "Male? Una top. Una delle tre o quattro più forti d’Europa. La Norvegia farà strada al Mondiale: ha entusiasmo perché sa di poter scrivere la storia, due o tre talenti che spaccano, e una fisicità unita al dinamismo, impressionante, non come trenta anni fa quando i giganti erano immobili, impacciati. A leggere la loro distinta a San Siro mettevano paura...".
E riguardo il crollo subito contro la Nazionale di Solbakken: "Sul 2-1 per loro, devi restare tranquillo e aggrappato alla partita, accontentarti magari che finisca così, invece di sbilanciarti per frustrazione. Capisco i giocatori, ma devi stare lì, concentrato, reparti stretti e magari da una mischia nasce il 2-2… Al massimo accetta il 2-1: perdi sempre, ma non è il 4-1 che fa male".
"E allora? Dobbiamo cambiare, non possiamo subire più questi crolli emotivi, si stanno ripetendo. Impossibile essere in partita novanta minuti: a volte stai settanta, ma negli altri venti devi gestire e non far succedere disastri. Ne parlavamo anche con Spalletti. Non puoi prendere tre gol in dieci minuti. Lavoreremo su questo. Se risolviamo, ce la giochiamo con tutti".
"Mio figlio? Non ha ancora fatto niente"
Infine, Buffon affronta il tema dei giovani talenti, incluso suo figlio Louis Thomas, e l’importanza di proteggerli: "Mio figlio? Ah, be’, fino a quattro o cinque mesi fa aveva l’uno per cento di possibilità di essere un calciatore. Ora ha soltanto lo zero virgola cinque. Perché non ha ancora fatto niente, ha dieci minuti di Serie A addosso e gli ho detto di non leggere niente che lo riguardi".
"Stiamo correndo troppo e non gli fa bene. Quando giocavo e cominciavano i primi elogi, papà e mamma mi ricordavano che in famiglia una decina di persone avevano già vestito maglie di varie nazionali, quindi non facevo niente di speciale. È servito tantissimo".
