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Il Ct palestinese sulle polemiche per Italia-Israele: “Giusto giocare, ma ricordate Gaza"

L'allenatore palestinese Ihab Abu Jazar
L'allenatore palestinese Ihab Abu JazarAmeen Ahmed / NurPhoto / AFP
L'allenatore della rappresentativa della Palestina, in esilio da sei anni, ha voluto lanciare un messaggio alla squadra azzurra, impegnata stasera contro la nazionale del paese che sta massacrando la sua gente, in vista del ritorno.

Ihab Abu Jazar, commissario tecnico della Palestina dal 3 dicembre 2024, ha parlato alla Gazzetta dello Sport durante la preparazione di due amichevoli contro Malesia e Libia. Contro quest’ultima la squadra giocherà a Doha, ormai sede designata delle partite “casalinghe", visto l'esilio al quale lui e i suoi concittadini sono costretti dal 2019 per via dell'occupazione israeliana.

Riguardo la partita tra l'ItaliaIsraele, in vista del ritorno a Udine, con le contestazioni e le richieste di boicottaggio che non si placano, ha detto: “Non dico che non si debba giocare. Spero che questa partita possa ricordare che ogni giorno una nazione viene uccisa. E a ucciderla è chi gioca contro gli azzurri. Agli italiani dico questo: osservate un minuto di silenzio prima del calcio d’inizio per onorare i bambini di Gaza e le nostre vittime. Issate la bandiera palestinese sugli spalti e intonate cori per noi come atto di solidarietà. E, infine, non dimenticatevi del passato: nel 1982 l’Italia dedicò il Mondiale al popolo palestinese. Ora serve un altro segnale forte”. 

Il match
Il matchFlashscore

Il saluto al vice e la "paura del telefono"

Jazar, che dice di aver perso 250 cari, ha voluto anche ricordare il suo vice Hani Al-Masdar: “Era il mio braccio destro nella squadra olimpica. Un eroe. È stato ucciso mentre consegnava aiuti, viaggiando da nord a sud per sostenere i bisognosi".

Simbolica dell'orrore che stanno vivendo, una frase: “Sa qual è la cosa che temiamo di più? Il telefono. Una volta rientrati negli spogliatoi facciamo fatica a controllare le notifiche. Quell’avviso, ormai quotidianità per milioni di persone, è diventato una fonte d’ansia: potrebbe dirci che è morto un amico o un familiare