Da molto Javier Clemente non si dedica ad allenare una squadra di calcio. Una pratica a lui molto avvezza dal 1975. Dopo quasi cinquant’anni dirigendo squadre di club e nazionali, tra cui la Serbia e la Libia, l’ex tecnico basco rievoca in esclusiva a Diretta le sfide tra la sua Spagna e Italia, che lo hanno visto sempre battuto. Il tutto prima della partita tra le due rappresentanti Under 21, che si sfideranno domani per definire chi vincerà il girone di qualificazione.
Se le dico Spagna-Italia, cosa le viene in mente?
Ahhh, che me lo chiedi a fare. Faceva caldissimo a Foxborough. Quel quarto di finale dei Mondiali 1994 non lo dimenticherò mai. Ero convinto più che mai che potessimo passare. Invece ci è andata male, malissimo.
Fino a quel momento, e fino al 2008, in effetti era quella la storica barriera della Spagna ai Mondiali.
Eppure io ero convinto che potessimo arrivare fino in fondo a quella competizione. L’Italia, però, era forte. E ha vinto all’italiana. Poi faceva tanto caldo, fu una battaglia.
Si era sull’1-1, quando Salinas sbaglia un gol clamoroso che avrebbe potuto dare la vittoria alla sua squadra.
Molta gente dice che ha sbagliato Salinas, ma per me è stato molto bravo Pagliuca a chiudere lo specchio in quell’occasione. Era un uno contro uno con poca angolazione, e il portiere italiano ha chiuso in modo veloce.
Baggio, invece, avrebbe segnato il gol decisivo. E con il pallone che tra le gambe di Abelardo…
Abelardo andava troppo veloce per provare a chiudere, e la palla è passata proprio tra le sue gambe mentre andava in scivolata. Ma il vero errore l'ha fatto l'arbitro (l'ungherese Sandor Puhl). Ed è stata la mancata espulsione di Tassotti per la gomitata a Luis Enrique.
Come spiega tutto ciò?
Si è vista la forza politica dell’Italia in quella competizione. L’avevamo già capito prima di entrare in campo, con tutti quegli italiani fuori dallo stadio, che poi avrebbero riempito gli spalti. I tanti statunitensi di origine italiana erano preponderanti.
La maglia insanguinata di Luis Enrique fu copertina dei principali giornali spagnoli all’indomani…
Fu incredibile che nessuno si accorse di niente. Luis Enrique è un lottatore e se si lamentava aveva le sue ragioni. Era evidente che stesse perdendo sangue dal naso. L’aggressione fu chiarissima. Poi, dopo aver sbollito la rabbia a fine partita, scherzai con Luis dicendogli: “Ti hanno raddrizzato il naso…” (ride)
A Tassotti poi diedero varie partite di squalifica…
Fu squalificato per otto incontri e non giocò più in nazionale. Ma Puhl non prese alcun provvedimento. Si lavò le mani come Pilato. E alla fine, invece di essere condannato, fu “premiato” con la finale…
In quella finale ci sarebbe potuta essere la sua nazionale?
Per me sì, assolutamente. Vedevo la Spagna come possibile campione del mondo. Ma in un Mondiale, soprattutto, le circostanze e gli episodi possono essere decisive.
Lei fu allenatore anche di un’altra Spagna che perse con l’Italia, quella dell’Euro Under 21.
Quella volta fu una finale, pensa te. E giocavamo in casa, al Montjuic di Barcellona. Anche quella volta gli incroci del destino ci furono avversi.
La sua squadra fu sconfitta ai rigori dopo un match dove l’Italia finì in nove contro undici…
Si trattò di una di quelle partite che se le rigiochi 100 volte le vinci 90. Inoltre, sbagliarono i rigori Raul e De la Peña, i due alfieri della mia nazionale. Ma anche in quel caso si dimostrò che nel calcio non sempre vincono i migliori. O che le circostanze sono decisive: a me da giovanissimo (19 anni) hanno spaccato una gamba, non sono più riuscito a giocare e sono diventato allenatore quando ero ancora molto giovane.

La sfida tra Italia e Spagna è ormai un grande classico del calcio europeo. E se ne giocherà adesso un’altra nel girone dell’Euro Under 21. Come vede l’attuale selezione di Santi Denia?
Credo che la Spagna Under 21 di oggi abbia buoni giocatori, ma devono essere messi in campo in un certo modo. Bisogna studiare i giocatori affinché possano combinare bene.
L’Italia, invece, sembra aver perso forza negli ultimi anni.
Negli anni in cui ho allenato la Spagna quella azzurra era una delle nazionali più forti in assoluto. Poi ha iniziato a calare già all’inizio del 2000 anche perché nel vostro campionato hanno iniziato a comprare troppi stranieri e fare affidamento su di loro.
Tatticamente, poi, sembra sempre tutto uguale.
Possiamo dire che l'Italia continua a usare il catenaccio, termine ideale per descrivere il suo calcio poco spettacolare. Ma prima il catenaccio dell’Italia era solido e concreto, oggi è diventato un catenaccio obsoleto perché mancano giocatori di livello.
Lei ha allenato sia Luis Enrique sia Guardiola, oggi due allenatori top mondiali. Se lo sarebbe mai immaginato?
Quando uno lavora con ragazzi così giovani, che muoiono dalla voglia di giocare, non è facile fare delle previsioni del genere. Pep, però, aveva già le stimmate dell’allenatore, era un ossessionato.