La scorsa estate non erano in pochi a pensare che Vincenzo Italiano avesse preso la decisione sbagliata, accettando l'offerta del Bologna di sostituire un Thiago Motta che aveva appena conquistato una storica qualificazione in Champions League.
E già, perché il pericolo era che la lunga ombra del tecnico brasiliano lo avrebbe potuto tormentare per l'intera stagione. E, invece, a primavera inoltrata è abbastanza evidente che a scegliere male il proprio futuro non sia stato lui.
Mentre l'avventura di Motta alla Juventus si è conclusa, infatti, con un rumorosissimo esonero ben prima della conclusione della campagna 2024-2025, Italiano ha appena permesso al club rossoblu di riaprire, 51 anni dopo l'ultima volta, la propria bacheca.
Meglio la Coppa
Qualcuno potrebbe dire che una qualificazione in Champions League è molto più importante di una Coppa Italia. Ma chi doveva pronunciarsi su questo lo ha fatto in più di un'occasione e la verità è che i dirigenti del Bologna, l'ultimo a farlo è stato il ds Marco Di Vaio qualche giorno fa, non hanno mai avuto dubbi: "Meglio la Coppa".
Una convinzione che la società emiliana ha maturato quando la squadra di Italiano era quarta e non con il senno di poi di chi era stata superata in classifica dalla Juventus e dalle romane: il presidente Joey Saputo voleva regalare un trofeo a se stesso e ai propri tifosi e, grazie al suo nuovo condottiero, ce l'ha fatta.

Il doppio riscatto
E dire che l'allenatore di origini siciliane era reduce da tre finali perse nelle ultime due campagne sulla panchina della Fiorentina. A cominciare da quella della Coppa Italia 2023 contro l'Inter. Qualche giorno dopo arrivò, invece, la prima delle due sconfitte rimediate nell'arco di 12 mesi nell'ultimo atto della Conference League: a conquistare il trofeo della minore tra le competizioni europee furono, infatti, il West Ham e l'Olympiacos.
Ed è per questa ragione che l'ex tecnico viola e il presidente Saputo avevano diversi obiettivi in comune, a cominciare proprio dalla voglia di vincere un trofeo e guadagnarsi il rispetto di chi continuava, da un lato, a definire "miracolo" quanto ottenuto da Motta l'anno prima e, dall'altro, che Italiano era un allenatore bravo a portare le squadre in finale, ma incapace di vincerle. Missione compiuta su tutti e due i fronti.