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Copa Sudamericana, la mistica del Racing del tifoso Costas e dell'indomabile Martinez

Gustavo Costas con il suo difensore Gabriel Rojas
Gustavo Costas con il suo difensore Gabriel RojasALEJANDRO PAGNI / AFP
L'allenatore della squadra di Avellaneda, che non gioca una finale continentale da 32 anni, è il simbolo della voglia di rivalsa dell'Academia. Ex giocatore e tifosissimo dei biancoazzuri, il tecnico argentino si affida alla vena realizzativa di un attaccante dal passato torbido ma dal presente scintillante

Una finale è il culmine di un respiro lunghissimo. Un respiro lungo un'apnea di 32 anni. Ma anche un'astinenza di titoli continentali che dura ormai da ben 36 primavere. Perché il Racing Club di Avellaneda, uno dei cinque grandi club d'Argentina vanta nella sua bacheca solo una Libertadores vinta nel lontanissimo 1967 e la Supercoppa ottenuta nel 1988.

Quest'ultimo trionfo, che avvenne in una coppa creata nello stesso anno, arrivò proprio in una finale andata e ritorno contro il Cruzeiro, l'avversario della gara decisiva di Asunción. I famosi ritorni della vita sono riapparsi nell'edizione di questa finale di Sudamericana nella quale la squadra dell'area metropolitana di Buenos Aires è l'unica intrusa tra le finaliste brasiliane. In Libertadores, infatti, saranno Atletico Mineiro e Botafogo a contendersi il titolo.

I precedenti più recenti
I precedenti più recentiFlashscore

Il primo tifoso, in panchina

Eppure, al di là dell'unicum sociale ed economico rappresentato dalla società presieduta dal sapiente Victor Blanco, che occupa il posto di numero uno da 11 anni, la grande carica emotiva dell'Academia pulsa forte nelle vene del suo tecnico Gustavo Costas. Un 61enne contento come un adolescente di poter rappresentare in un gran palcoscenico la squadra per la quale ha sempre tifato.

Lo ha ammesso egli stesso poco fa in un'intervista a ESPN Argentina: "Il Racing è l'amore della mia vita. Sono prima del Racing e poi argentino". Mascotte del club quando era un bambino, e poi diventato giocatore della Academia, Costas è stato allenatore del club per il quale tifa in due occasioni precedentemente. Ma senza mai riuscire a fare la storia. Adesso, invece, sembra essere arrivato il momento. Lui che da difensore ha vinto la Supercoppa del 1988 proprio in casa del Cruzeiro, adesso vede in questo ricorso l'occasione di fare il bis da allenatore. 

Lui che nel 1992, anno dell'ultima finale, non formava più parte di quel Racing che fu demolito, sempre dal Cruzeiro, nella finale della stessa Supercoppa. Il 4-0 dell'andata a Belo Horizonte fu già una sentenza, e allo stadio Juan Domingo Perón arrivò solo un inutile 1-1. La rivincita di una bella, insomma, avrà luogo ad Asunción. 

La carovana dell'entusiasmo

Le 15 ore di tragitto in auto che separano Buenos Aires da Asunción, la capitale del Paraguay sede della finale, non fanno paura a nessuno. Chi ha deciso di intraprendere il viaggio in autobus, invece, dovrà restare ben 20 ore rinchiuso per attraversare almeno un paio di microclimi diversi. Ma l'entusiasmo della possibilità di mettere le mani sulla coppa è troppo forte, e ha contagiato tutta la famiglia academica.

Uno dei club più passionali dell'Argentina è legato a una mistica quasi inspiegabile. Nel 2001, durante una tragica crisi di governo nella quale si alternarono cinque presidenti in una sola settimana alla Casa Rosada, vinse un titolo domestico dopo ben 35 anni. Una circostanza che, nonostante il clima plumbeo di crisi economica e sociale, non impedì alla gente biancoazzurra di festeggiare il titolo. 

La finale di Sudamericana
La finale di SudamericanaFlashscore

Oggi, però, è diverso. Perché la vibrante frenesia di riuscire a imporsi nel continente, e per di più contro un rivale brasiliano, sta gonfiando di fervore tutto l'ambiente racinguista. Un ambiente che spera nella rivalsa storica di un Gustavo Costas sempre troppo bistrattato nel suo passato di allenatore. Ma che confida anche in un altro deus ex machina.

Il goleador dalla prigione

Adrián Emmanuel Martinez, per molti Maravilla, è l'attaccante che più incarna lo spirito guerriero del Racing moderno. Fino ai 17 anni di età non era mai stato in nessuna squadra giovanile. Per lui il calcio era un diletto. Il tutto mentre faceva qualsiasi tipo di lavoro, dal muratore allo spazzino, a volte anche raccogliendo rifiuti. Un incidente di moto gli fece perdere il lavoro, ma la sua anima combattiva lo aiutò a venire fuori pian piano come attaccante d'area di rigore. E da lì, dopo un passaggio in Paraguay, iniziò anche a farsi notare in patria.

Adrián Martinez
Adrián MartinezEttore Chiereguini / AGIF / AFP

Nel 2014, quando aveva 22 anni, un altro episodio rischiò di spezzare di netto il suo animo. In seguito a una sparatoria nella quale la vittima fu suo fratello, venne incarcerato in quanto accusato di aver dato fuoco la casa dell'aggressore del fratello. Sei mesi di carcere temprarono la sua fibra, e dopo essere stato liberato e riconosciuto innocente, si è preso la rivincita sul campo da gioco.

Oggi Martinez è il bomber di un Racing che va in Paraguay, paese che lui ben conosce, per scrivere la storia. Chiamato Maravilla per avere lo stesso cognome dell'ex pugile Sergio, conosciuto come tale, ha dimostrato di meritarsi questo soprannome non solo attraverso i gol ma anche grazie alla sua leadership innata. La leadership di una persona capace di risorgere da tanti traumi che avrebbero potuto devastare chiunque. Un ex galeotto che, nonostante la sua provata innocenza, vorrà provare a redimersi ancora una volta. Con lo sguardo imperturbabile di chi è nato per sconfiggere ogni avversità.