"De Bruyne si è mangiato De Bruyne". Questa voce è girata spesso nel centro sportivo del Manchester City durante la stagione 2024/25. La decima annata del centrocampista belga con i Citizens è stata una delle meno incisive da quando era diventato il deus ex machina della squadra allenata da Pep Guardiola. Elevato dal tecnico catalano ad autentico leader tecnico del City, dopo la vittoria della Champions League in finale contro l'Inter nel giugno del 2023, il nativo di Drongen ha sentito il corpo emettere dei segnali preoccupanti. E non solo per l'evidente sovrappeso che ne ha accompagnato gli ultimi mesi.
Come se il raggiungimento del titolo che ossessionava lui e tutta la Manchester di cuore celeste lo avesse stressato eccessivamente. Impossibile per lui riprendere il ritmo di un tempo e di far arrivare il motore a giri ottimali nella maggior parte delle partite. La nona stagione ha perso quasi tutta la prima metà di competizioni per problemi muscolari, e nella decima, quando era già capitano per l'addio di Walker, ha trascinato tutta la squadra in un pozzo di mediocrità. Esito finale: una stagione senza successi e con la qualificazione in Champions League strappata con le unghie e il fiatone.
Cambio
La sensazione, confermata da voci all'interno del City, è che ormai da tempo lo stesso Guardiola avesse capito che il meglio il belga l'avesse dato. Apparso poco reattivo e fantasioso agli Europei del 2024, dove con la sua nazionale aveva registrato un altro fallimento, l'icona della miglior generazione calcistica dei Diavoli Rossi si era finito col rinchiudere nella sua timidezza. Poco avvezzo a fare amicizia nello spogliatoio, era stato capitano per pochi mesi di una squadra con la quale stava perdendo l'alchimia.
Non a caso, le sue assenze per infortunio e la sua scarsa vena hanno prodotto la peggior stagione delle ultime dieci per il City. Una volta persa la spinta del principale pistone, il motore è esploso senza rimedio. Fisiologica, dunque, la voglia di cambiare. Il Napoli, dove Antonio Conte si era detto pronto a continuare con le garanzie di un miglioramento della rosa, è stata l'opzione più agevole per tutti. E la più gradita dopo il più classico dei burn out.

La squadra campione d'Italia vuole effettuare il salto a livello qualitativo con un valore sicuro, nonostante l'età. Consapevole di doversi abbassare l'ingaggio, De Bruyne è stato incoraggiato dai connazionali Lukaku e Mertens, oltre che dalla possibilità di fare ancora più storia in un posto totalmente agli antipodi del suo carattere schivo e gelido di stampo fiammingo.
Di tornare in Belgio, per preparare i Mondiali del 2026, non se ne parlava proprio. Spazio, dunque, a una realtà in crescita che lo ha chiamato per confermarsi in Italia ma anche e soprattutto per migliorare in Europa. In quella Champions che allo stesso Conte è sempre stata indigesta e nella quale il classe 1991 ha dimostrato di poter fare la differenza.
Adattamento
Lasciato partire senza drammi da Guardiola, che su di lui ha fondato le fortune del gioco di un City dominante in Premier con sei titoli in dieci anni, De Bruyne ha lasciato alle spalle i dubbi dettati dal suo carattere introverso. Passare da una società moderna e strutturata a una allegra ma ancora in via di perfezionamento potrebbe supporre una trasformazione in vari aspetti. Oltre, ovviamente, a un adattamento globale.
La rivoluzione è palese, dal giochista Guardiola all'essenzialista Conte. Nessuno dei due tecnici, però, ama coloro che non corrono all'indietro e non aiutano la squadra. E nelle due ultime annate il centrocampista creativo è apparso notevolmente in affanno dal punto di vista dell'ottimizzazione degli sforzi. L'adattamento, dunque, dovrà essere in primis culturale e poi tattico. La qualità del calciatore è innegabile, come sprizza dai movimenti, dalla facilità di scovare un compagno con passaggi millimetrici da visionario, oltre alla capacità di sapere in che spazi infilarsi e all'abilità balistica.
La realtà, però, è che quando è attorniato da altri archi, il primo violino ha più dimestichezza nel far sentire la sua voce melodiosa, accordandosi al ritmo. Quando, invece, passa a essere un solista accompagnato da più percussionisti, è obbligato a stravolgere la sua indole e anche il suo operato. Da campione abituato ad andare di fioretto, sarà chiamato a rigenerarsi per provare a tutti di saper incantare anche usando la sciabola.