Chiamarla semplicemente “la miglior partita dell’anno” rischia di essere riduttivo. Inter-Barcellona 4-3, semifinale di ritorno della Champions League 2024-2025, è stata molto di più: un racconto epico, una serata destinata a restare nella memoria collettiva del calcio europeo, una di quelle partite che si rivedono volentieri e si tramandano.
Per capirla davvero, però, bisogna tornare indietro di una settimana, alla gara d’andata giocata a Montjuïc, perché certe notti non nascono dal nulla. All’Olimpico Lluís Companys di Barcellona era finita 3-3, ma con il sapore di un romanzo incompiuto. L’Inter aveva colpito subito, con il colpo di tacco geniale di Marcus Thuram e la sforbiciata potente di Denzel Dumfries, due gol che sembravano indirizzare la semifinale.
Il Barcellona, però, aveva risposto a base di talento: quello di Lamine Yamal che aveva acceso lo stadio con uno dei suoi gol impossibili, dribbling e sinistro a sfidare la fisica, prima che Ferran Torres rimettesse tutto in equilibrio. Nella ripresa, ancora Inter con Dumfries, poi il 3-3 nato dal tiro di Raphinha che sbatte sulla traversa e, poi, sulla schiena di Yann Sommer - che si sarebbe rifatto con gli interessi al ritorno - prima di entrare in rete. Finita qui? Manco per sogno! Come dimenticare, infatti, il 4-3 nerazzurro, firmato Henrikh Mkhitaryan, annullato dal VAR per una questione di millimetri?
La partita dell'anno: gol, epica, calcio
Con questo carico emotivo, il 6 maggio, San Siro diventa teatro di una delle indimenticabili notti magiche regalate a questo sport durante la sua storia leggendaria. L’Inter parte forte, come all’andata: Lautaro Martínez segna per primo, Hakan Çalhanoğlu raddoppia su rigore.
Sembra di rivedere lo stesso copione con il Barcellona che non si arrende e, ancora una volta, trova risposte nel coraggio e nella magia di Lamine Yamal. Eric García e Dani Olmo, con due colpi di testa rimettono tutto in parità e solo Sommer impedisce al fuoriclasse di Rocafonda di calare il sipario con largo anticipo, impedendogli di mettere la propria firma a referto tra i marcatori.
Tuttavia, a tre minuti dalla fine, nemmeno il portierone svizzero può nulla sulla doppia conclusione di Raphinha che completa la rimonta: 3-2 Barça, nel silenzio irreale di un Meazza testimone di come il sogno nerazzurro si sia spezzato. Ma è proprio in quel momento che la partita entra nella leggenda. Che la storia diventa epica.
Recupero, ultima azione. L’Inter ruba palla con Denzel Dumfries, il Barcellona chiede fallo su Gerard Martin, ma in Europa contatti del genere se ne fischiano pochi. Il pallone arriva in area, rasoterra, e non è Lautaro Martínez né Marcus Thuram né Mehdi Taremi, bensì Francesco Acerbi, coriaceo difensore centrale nerazzurro, a muoversi come un centravanti di razza. Si è spostato lì proprio per quello: anticipo secco, conclusione feroce e precisa che si insacca sotto la traversa, Wojciech Szczęsny è battuto, il Barça abbattuto.
L'urlo di Frattesi
Non è solo un gran bel gol, ma un gol eterno. San Siro esplode, l’inerzia emotiva travolge tutto, anche il Barcellona, rimasto sospeso tra incredulità e stanchezza. Si va, così, ai supplementari dove l’epica chiede, anzi, esige un ultimo capitolo. A scriverlo è Davide Frattesi, con il 4-3 che manda l’Inter in finale e consegna al calcio un’altra immagine simbolo: la sua corsa sotto la curva, la scalata verso la propria gente, l’urlo al cielo, la voce persa nella notte.
È la fotografia di una partita e di un'eliminatoria che ha avuto tutto: tecnica, errori, grandezza, disperazione, gioia. Inter-Barcellona 4-3 non è stata solo una semifinale di ritorno di Champions League, ma un romanzo perfetto, scritto e raccontato nel modo più crudele, per i blaugrana, e meraviglioso, per i nerazzurri, che il calcio conosca.

